"Abbandono del Karate"
Articolo del M° Lorenzo Martuscelli
PERCHE’ HA ABBANDONATO IL KARATE?
Questa è la domanda che molte volte fa eco nel Dojo…
Frasi come: “ Eppure sembrava che gli piacesse, si impegnava… e allora perché ha abbandonato il Karate”? Oppure: “Era un bravo praticante ha buttato via tutto, ma perché ha abbandonato il Karate”?
I praticanti che rimangono si pongono sempre queste domande dopo che uno di loro abbandona la pratica. A volte all’interno del gruppo ci si sente come se si fosse perso un pezzo. Gli allievi rimasti vengono a chiedermi spiegazioni e informazioni sui motivi che hanno spinto l’ennesima persona ad andarsene. Questo comportamento mi incuriosisce, significa che queste persone pensano che ci debba essere un valido motivo per abbandonare la pratica, e che io in veste di Maestro sappia il motivo del loro abbandono.
Ma non è così.
In tempi passati il rapporto Maestro – Allievo era un rapporto che durava per tutta la vita, un codice antico e perso nei tempi che garantiva onore e rispetto fra loro, disponibilità, un legame solido. Oggi, quando uno dei miei allievi abbandona la pratica io non ne conosco mai il motivo, e vengo a conoscenza del suo abbandono solo quando smette effettivamente di frequentare le lezioni. Quando iniziai ad insegnare, alcuni miei allievi abbandonarono la pratica e, come già detto, lo fecero all’improvviso e senza motivazioni. Fino a poche settimane prima ci allenavamo tutti insieme e improvvisamente queste persone non c’erano più. Sulle prime non capivo cosa potessi aver fatto loro di male e quindi cercai di parlarci ma più io li cercavo per sentire le loro ragioni, più essi mi evitavano. Sono riuscito a parlare con loro solo molto tempo dopo. Pensai che il mio Maestro doveva avere una spiegazione per questi abbandoni improvvisi e chiesi consiglio a lui; purtroppo la sua risposta fu che le cose vanno semplicemente così, che la gente abbandona per i motivi più futili, molti non abbandonano nemmeno per loro scelta ma perché costretti da eventi e influenzati da altre persone.
Pensandoci bene conclusi però che una cosa li accomunava tutti: queste persone erano sparite senza sentirsi in dovere di dare una spiegazione. Non importa se erano anni che praticavamo insieme, semplicemente se ne erano andati. Capii allora che non dovevo dispiacermi per ogni abbandono, e fu la conferma che il Karate è proprio come la vita: non tutti la sanno affrontare con dignità, onore e rispetto per gli altri e per se stessi.
Anche negli ultimi tempi alcuni atleti ci hanno abbandonato all’improvviso: atleti promettenti si sono dileguati nel nulla, e di loro sono rimaste solo le scuse più incredibili (a volte addirittura comunicate da altre persone), come conferma della loro fuga dalla responsabilità
Per fortuna si aggiunge sempre nuova linfa nella nostra Scuola, con nuovi atleti che iniziano e vecchi atleti che migliorano e danno sempre più valore al gruppo.
Dopo tanti anni di pratica capita a me e ai miei allievi più “anziani” di incontrare persone che facevano parte del gruppo e puntualmente ci sentiamo ripetere le stesse cose: ricomincio la prossima settimana; ricomincerei ma ho un ginocchio che non mi permette di fare niente; ricomincerei ma non ce la faccio con il lavoro; ricomincerei ma poi a casa con mia moglie chi ci sta? ….
Queste in genere sono le scuse di chi sa di aver fallito, e solo oggi capisco come mai non sono mai riuscito a parlare con chi aveva abbandonato: per vergogna. Non vergogna nei confronti del Maestro, ma vergogna per se stessi, perché sentono di essersi lasciati sopraffare da altro: quelle due ore settimanali ritagliate per se stessi, per la pratica e per l’amore per il Karate erano improvvisamente diventate così scomode da dover abbandonare e spesso, purtroppo, non per una propria scelta ma perché convinti da altre persone.
Quando lo chiesi al mio Maestro, mi disse circa questa parole: “Noi non siamo come gli altri sport o le altre scuole che chiudono le porte a chi abbandona, noi dobbiamo fare l’esatto contrario; le porte dello Shotokai devono essere sempre aperte per chi se ne va e per chi decide di tornare.”
A distanza di anni posso affermare che le porte le ho chiuse solo a chi ha gravemente mancato di rispetto alla scuola arrivando ad assumere un comportamento grave e di totale maleducazione, ma questi sono solo casi isolati. A tutti gli altri posso dire a nome di tutta la Scuola che non importano i motivi per cui avete abbandonato, importa solo che il tempo che avete passato qui (poco o tanto che sia) vi abbia lasciato qualcosa dentro, qualcosa che verrà con voi per tutta la vita. E se un giorno deciderete di ricominciare il vostro cammino con noi posso dirvi che le porte della mia scuola saranno sempre aperte per voi.
Questa è la domanda che molte volte fa eco nel Dojo…
Frasi come: “ Eppure sembrava che gli piacesse, si impegnava… e allora perché ha abbandonato il Karate”? Oppure: “Era un bravo praticante ha buttato via tutto, ma perché ha abbandonato il Karate”?
I praticanti che rimangono si pongono sempre queste domande dopo che uno di loro abbandona la pratica. A volte all’interno del gruppo ci si sente come se si fosse perso un pezzo. Gli allievi rimasti vengono a chiedermi spiegazioni e informazioni sui motivi che hanno spinto l’ennesima persona ad andarsene. Questo comportamento mi incuriosisce, significa che queste persone pensano che ci debba essere un valido motivo per abbandonare la pratica, e che io in veste di Maestro sappia il motivo del loro abbandono.
Ma non è così.
In tempi passati il rapporto Maestro – Allievo era un rapporto che durava per tutta la vita, un codice antico e perso nei tempi che garantiva onore e rispetto fra loro, disponibilità, un legame solido. Oggi, quando uno dei miei allievi abbandona la pratica io non ne conosco mai il motivo, e vengo a conoscenza del suo abbandono solo quando smette effettivamente di frequentare le lezioni. Quando iniziai ad insegnare, alcuni miei allievi abbandonarono la pratica e, come già detto, lo fecero all’improvviso e senza motivazioni. Fino a poche settimane prima ci allenavamo tutti insieme e improvvisamente queste persone non c’erano più. Sulle prime non capivo cosa potessi aver fatto loro di male e quindi cercai di parlarci ma più io li cercavo per sentire le loro ragioni, più essi mi evitavano. Sono riuscito a parlare con loro solo molto tempo dopo. Pensai che il mio Maestro doveva avere una spiegazione per questi abbandoni improvvisi e chiesi consiglio a lui; purtroppo la sua risposta fu che le cose vanno semplicemente così, che la gente abbandona per i motivi più futili, molti non abbandonano nemmeno per loro scelta ma perché costretti da eventi e influenzati da altre persone.
Pensandoci bene conclusi però che una cosa li accomunava tutti: queste persone erano sparite senza sentirsi in dovere di dare una spiegazione. Non importa se erano anni che praticavamo insieme, semplicemente se ne erano andati. Capii allora che non dovevo dispiacermi per ogni abbandono, e fu la conferma che il Karate è proprio come la vita: non tutti la sanno affrontare con dignità, onore e rispetto per gli altri e per se stessi.
Anche negli ultimi tempi alcuni atleti ci hanno abbandonato all’improvviso: atleti promettenti si sono dileguati nel nulla, e di loro sono rimaste solo le scuse più incredibili (a volte addirittura comunicate da altre persone), come conferma della loro fuga dalla responsabilità
Per fortuna si aggiunge sempre nuova linfa nella nostra Scuola, con nuovi atleti che iniziano e vecchi atleti che migliorano e danno sempre più valore al gruppo.
Dopo tanti anni di pratica capita a me e ai miei allievi più “anziani” di incontrare persone che facevano parte del gruppo e puntualmente ci sentiamo ripetere le stesse cose: ricomincio la prossima settimana; ricomincerei ma ho un ginocchio che non mi permette di fare niente; ricomincerei ma non ce la faccio con il lavoro; ricomincerei ma poi a casa con mia moglie chi ci sta? ….
Queste in genere sono le scuse di chi sa di aver fallito, e solo oggi capisco come mai non sono mai riuscito a parlare con chi aveva abbandonato: per vergogna. Non vergogna nei confronti del Maestro, ma vergogna per se stessi, perché sentono di essersi lasciati sopraffare da altro: quelle due ore settimanali ritagliate per se stessi, per la pratica e per l’amore per il Karate erano improvvisamente diventate così scomode da dover abbandonare e spesso, purtroppo, non per una propria scelta ma perché convinti da altre persone.
Quando lo chiesi al mio Maestro, mi disse circa questa parole: “Noi non siamo come gli altri sport o le altre scuole che chiudono le porte a chi abbandona, noi dobbiamo fare l’esatto contrario; le porte dello Shotokai devono essere sempre aperte per chi se ne va e per chi decide di tornare.”
A distanza di anni posso affermare che le porte le ho chiuse solo a chi ha gravemente mancato di rispetto alla scuola arrivando ad assumere un comportamento grave e di totale maleducazione, ma questi sono solo casi isolati. A tutti gli altri posso dire a nome di tutta la Scuola che non importano i motivi per cui avete abbandonato, importa solo che il tempo che avete passato qui (poco o tanto che sia) vi abbia lasciato qualcosa dentro, qualcosa che verrà con voi per tutta la vita. E se un giorno deciderete di ricominciare il vostro cammino con noi posso dirvi che le porte della mia scuola saranno sempre aperte per voi.