IL DOJO IDEALE
Ci siamo, è tutto pronto. In Agosto è stata dura, ma l'obiettivo che mi ero preposto era preciso: i lavori devono essere finiti entro la fine del mese, perché a Settembre i corsi dovranno ricominciare qui.
Più di una volta sembrava di essere indietro con i lavori, poi il giorno dopo sembrava di essere in anticipo, insomma c'era semplicemente da passarci un sacco di ore.
Poi abbiamo finito!
Mancava la prova definitiva, arrivano gli atleti, il Dojo è per loro, il Dojo è loro... come lo vedranno? Se sapessero in che stato era prima! Speriamo che gli piaccia, speriamo che lo accettino come loro... questo pensavo mentre spostando i volantini aspettavo le prime lezioni.
Ma proprio in quel momento mi sono passati davanti i numerosi Dojo che ho visto durante la mia pratica...ho pensato a quale di questi avrei dovuto ispirarmi, ho fatto tutto così in fretta che non ho avuto tempo di attingere alla mia esperienza passata!
Ed ecco che torno indietro con i ricordi...quando ho iniziato il Karate nemmeno sapevo cosa fosse un Dojo, i tempi sono cambiati e così oggi ne trovo un esauriente spiegazione su Internet:
DOJO, termine Giapponese che indica il luogo dove si svolgono gli allenamenti di Arti marziali. Il Dojo è lo spazio in cui si
svolge l'allenamento ma è anche simbolo della profondità del rapporto che il praticante instaura con l'arte marziale praticata, quindi il Dojo è di fatto il luogo dell'isolamento e della meditazione. I Dojo sono per natura piccoli e storicamente quasi sempre vicino a delle foreste, i segreti così erano ben costuditi. Il Dojo è arrivato ad essere una seconda casa per il praticante, oggetti preparati dagli stessi allievi, ed anche lavori di calligrafia ed opere fanno mostra all'interno del Dojo, quindi non solo esercizio fisico, ma un luogo di concentrazione, valori ed amicizia. In occidente questo termine viene tradotto in palestra inteso come spazio e basta, ma in realtà è il luogo dove come ho detto si percorre la Via, dove si trova la realizzazione massima della propria individualità. Il Dojo è la scuola del Sensei (maestro) egli ne rappresenta il vertice e sua è la responsabilità del buon andamento; oltre al maestro vi sono altri insegnanti, i Senpai che svolgono un importante ruolo: il loro comportamento quotidiano rappresenta infatti l'esempio che deve guidare gli altri praticanti, quando i maestri ed i Senpai non si curano del proprio comportamento diventano un danno per tutta la scuola.
Si entra nel Dojo e si deve lasciare alle spalle tutti i problemi del giorno e della quotidianità, superare i propri limiti e rafforzarsi giorno per giorno. Coraggio e gentilezza, reciproco aiuto e determinato rispetto sono dettami che entrano a far parte del bagaglio dell'allievo, negli anni passati gli allievi effettuavano il rito del Soji (pulizia), gli allievi pulivano tutto l'ambiente lasciandolo così sempre in ordine per gli allenamenti successivi, tale gesto è simbolo di umiltà, una dote fondamentale nelle Arti Marziali.
Il mio primo Dojo?
Poggio a Caiano, palestra Punto Sport (esiste ancora), non avevano una sala dedicata ai corsi e quindi quando arrivava l'ora di Karate il nostro Maestro Simone Azzurri e il proprietario della palestra cominciavano a spostare gli attrezzi e i macchinari da pesistica, e al centro come per incanto apparivano pochi metri quadrati dove in Kimono cominciavamo la lezione. Molto spesso alcuni body builder li aiutavano nell'operazione come se stessero partecipando ad un‘operazione importante, poi si rimettevano ai loro esercizi lanciando curiose occhiate, ma sempre in un silenzio incredibile, mi ricordo questo silenzio rispettoso verso quello che facevamo, negli esercizi più dinamici come il Kawashi si fermavano tutti a guardare, poi una volta finito tornavano in ordine ai loro esercizi...questo è stato il mio primo Dojo, che in realtà non c'era perchè il giorno rimaneva nascosto fra panche pesi e pectoral machine... Poi il salto di qualità approdando alla scuola Shotokan, tutti parlavano di questa nuova palestra, roba grossa, locali tutti nuovi e dedicati alle attività....e addirittura una sala apposta per fare Karate!
Forse ero pronto per il mio nuovo Dojo.
Bottegone , Sport e Salute, palestra in una stradina buia e isolata, una sala pesi e al centro una sala per i corsi a corpo libero! Alle pareti una gigantografia di alcune palme e di un mare azzurro che faceva venire voglia di pensare alle vacanze altro che al Karate!
Ma il gioiello era il pavimento, non dure mattonelle come alla vecchia palestra ma una distesa di moquette marrone che invitava a salire a piedi nudi, le dimensioni erano abbastanza grandi anche se come tutte le sale da Palestra non sono mai quadrate, ma chissà perchè strette e lunghe.
Poco dopo però cominciai ad avvertire i limiti di quel Dojo, sembrava il luogo perfetto all'inizio ma poi non si era rivelato tale. La musica ed il chiacchericcio dalla vicina sala pesi distraeva, ma il fattore determinante era la maledetta moquette che letteralmente sbrandellava i piedi, le fasciature si rivelavano inutili perchè con l'attrito della moquette saltavano via, ed ogni lezione i piedi sanguinavano, non era possibile farci il callo perchè la moquette "taglia" e "brucia" la pelle in continuazione, senza contare che la moquette è molto difficile da pulire senza attrezzi professionali, quindi il sudore e lo sporco portato dalle scarpe degli altri corsi unito al nostro sangue...bè vi lascio immaginare...
Ma questo mi portò diritto al terzo Dojo, il dojo della scuola Shotokai di Ivo Faralli.
Agliana, palestra Zen Enjoy, al primo piano dopo aver salito delle scalettine metalliche sembrava di entrare in una palestra un po' alla Rocky Balboa, piccola, essenziale, ed il Dojo era lì accanto alla sala pesi un locale tutto aperto che per fortuna poi fu diviso perchè le ragazze che praticavano aerobica si lamentarono dei Body Builder...secondo loro gli esercizi di aerobica stimolavano i ragazzi a guardare troppo, e coì un muro arrivò a dividere questi due locali dagli usi poco compatibili fra loro.
Il Dojo era là, pochi metri quadrati, ma a terra faceva bella mostra un morbido tappeto fatto da Ivo in persona che probabilmente non avrebbe più assassinato i miei piedi, il Dojo era proprio a ridosso degli spogliatoi delle donne, tanto che uscendo letteralmente ci mettevano i piedi sopra, alle pareti dei Bo appesi, poi due sacchi da poter all'occorrenza appendere, alcuni colpitori molto utili (visto che fino ad allora non ne avevo mai visto uno!) e poi un quadro con uno scritto del maestro Murakami che dettava la legge dell'essere Irimi, chiudeva il tutto la foto del Maestro Egami che troneggiava su tutto il Dojo.
Quante cose avrei potuto fare! Il sacco! Le cadute! I colpitori....ed erano tutte cose che avrei potuto fare davvero se non fosse stato per un piccolo particolare....fra piccoli e grandi eravamo più di cento persone! Lo spazio scompariva letteralmente, i Kata venivano fatti arretrando continuamente, ci si urtava di continuo, si sbatteva contro le pareti, nel tempo il tappeto cominciò a cedere ed iniziò a strapparsi da tutte le parti la fodera che lo ricopriva, molte volte i piedi incontravano questa fodera e si cadeva.
In qualsiasi esercizio dovevamo essere sempre pronti, lo spazio ristretto non aiutava, il compagno vicino a noi ci poteva attaccare in ogni momento qualsiasi esercizio si stesse studiando, non importava cosa stessimo facendo... dovevi essere pronto! Così nascevano di continuo dei piccoli Kumite sparsi per il Dojo mentre il resto del gruppo andava avanti studiando qualcosa di completamente diverso! Con i due "combattenti" che travolgevano gli altri, e che puntualmente si rimettevano in posizione per riprendere subito il loro esercizio, a chiudere il tutto c'erano le docce a turni perchè eravamo troppi.
Ma se da una parte questo Dojo aveva evidenti limiti per il gruppo che ospitava, dall'altra offriva un modo di vivere il Karate in modo completamente avvolgente: il Dojo ti avvolgeva, i compagni ti avvolgevano, proprio come farebbe un ipotetico avversario... ti starebbe sempre addosso. E quella sensazione non ti abbandonava mai, non c'era "l'angolo del rilassamento", in pratica non potevi scappare né nasconderti durante gli esercizi, eravamo come un'orchestra dove i componenti stanno gomito a gomito, se uno non va a tempo lo vedi subito.
Poi Ivo mi mandò dal Maestro Maurizio Silvestri della World Ju Jitsu Federation per diventare istruttore.
Il Dojo del maestro Silvestri era una leggenda! Maestro di alto livello, aveva pubblicato addirittura delle VHS didattiche sul Ju Jitsu, compariva spesso sulle riviste del settore, ed io sarei andato proprio lì, per nove mesi il Dojo del maestro Silvestri a Livorno sarebbe stata la mia casa..
Livorno, zona molto frequentata, una porticina portava la scritta Zen Club, una volta dentro un piccolo banchetto/reception ti dava il benvenuto... poi eccolo lì il Dojo, piccolo molto piccolo, svariate armi appese al muro, ed alla fine assomigliava molto a quello della Zen Enjoy se non fosse per un particolare: il Dojo a quel tempo era tenuto malissimo, sporco e malandato, era come se tutti fossero troppo
impegnati ad allenarsi e quindi non c'era mai stato il tempo per dargli una pulita, e forse chissà era proprio così.
Dopo poco arrivò il momento di aprire un mio corso, avevo già la palestra che mi avrebbe ospitato.
Un centro nuovo, per quei tempi quasi futuristico, la palestra Gymos di Seano era sulla bocca di tutti, grazie ad una mia cara amica che faceva parte dei soci che avevano aperto questo centro ebbi la possibilità di iniziare i miei corsi all'interno del centro.
La sala che doveva farci da Dojo in realtà era stata progettata per la danze ed i corsi di step, abbastanza grande ma anche questa stretta e lunga, interamente in cartongesso...il risultato è che in poco tempo fra cadute, "kumite vivaci" e qualche Bo di troppo, sfondammo le pareti in vari punti.
Questi danni fecero probabilmente arrivare alla conclusione i gestori della Gymos che le arti marziali non si addicevano ai locali che loro avevano allestito.
Ci spostammo alla palestra Olimpic Club di Catena di Quarrata, qui una sala in fondo alla palestra ci attendeva per praticare il nostro Karate, il proprietario ci dette anche il permesso di appendere la foto del Maestro e qualche altro quadretto, naturalmente dovevamo dividerla con i soliti corsi di step e aerobica, con la musica della sala e con i Body Builder che urlavano ed arrancavano sotto i pesi, qualcuno a volte si metteva a ridere e ci faceva i versi, una cosa che non ho mai sopportato, ho sempre pensato infatti che qualsiasi disciplina meriti rispetto.
Così inevitabilmente arrivammo a litigare con qualcuno dei "giganti", una cosa che in un vero Dojo non sarebbe mai accaduta, giganti strafottenti che però al momento di prendersi la responsabilità del loro comportamento, si limitavano a sgattaiolare via in silenzio, Stavamo quasi per abbandonare questo Dojo che alla fine Dojo non era, quando mi arrivò la notizia che la palestra avrebbe cambiato gestore!
Il nuovo titolare promise dei lavori stratosferici, docce nuove (visto che quelle attuali si allagavano costringendoci a cambiarci sulle panche e a saltare poi dalle stesse panche nel corridoio, perché nello spogliatoio l'acqua ci arrivava alle caviglie!). Insomma promise una
rivoluzione totale, visto che quello per noi era ben lontano da essere il Dojo ideale. Così arrivò la famosa chiusura per i lavori, inutile dire che al rientro trovammo tutto uguale a prima, nessun lavoro era stato fatto, solo qualche attrezzo era stato spostato, ma niente di più... delusi ci apprestavamo ad una nuova stagione di disagi quando il mio maestro Ivo mi comunicò una notizia spettacolare...
A Quarrata Ivo ed il suo socio Riccardo avrebbero presto aperto una palestra in grande stile: Dynamic Center.
Un centro veramente al top! Con ben due sale per i corsi!
Ancora i lavori non erano ultimati quando ci trasferimmo là, le sale erano strette e lunghe con specchi alle pareti, a terra del parquet che però cominciò da subito a rompersi, ma alla fine il fatto che fosse del mio maestro mi dette il vantaggio di fare un po' mia quella sala. Purtroppo i tempi erano cambiati, e il rispetto per le discipline marziali in certe strutture è completamente sparito.
La nuova palestra era abbastanza funzionale, di atmosfera da Dojo non se ne parlava proprio però, istruttori di spinning maleducati e spavaldi lanciavano musiche con i tempi accelerati a tutto volume, il tutto naturalmente su dischi masterizzati che ogni tanto si incantavano, ci mancherebbe per serietà ad avere un CD originale!
Dopo di loro (noi eravamo praticamente l'ultimo corso della serata), la tranquillità era ancora ben lontana, ecco il turno dei Body Builder più grossi di tutti che con musiche metal sparate a tutto volume proseguivano il loro allenamento incuranti di noi che eravamo ad allenarci.
Decisamente non era il Dojo ideale, purtroppo dovevo prendere atto che l'atmosfera e i Dojo come la vecchia Zen Enjoy non esistevano più. Decine di persone ci guardavano ridendo della nostra divisa, mentre si allenavano con gli stessi vestiti con i quali arrivavano in palestra, e poi senza nemmeno farsi la doccia si preparavano al Venerdì sera, il tutto condito con le frasi dei colossi che ogni tanto sparavano....Quelli del Karate li spezzo a metà...
E allora se quello non era un Dojo non c'era bisogno di comportarsi come se lo fosse... comparvero degli avvisi sparsi per tutta la palestra, li scrissi personalmente, invitando tutti i giganti unti e sudati a raggiungermi nella sala d'allenamento, se uno pensava che il Karate non meritasse rispetto insieme a tutti i suoi praticanti era libero di dimostrarlo salendo le scale... inutile dire che mai nessuno salì quelle scale ed i commenti sparirono del tutto. Ma il pensiero era sempre quello; in un vero Dojo non sarebbe mai successo.
Intanto Ivo aveva cambiato sede, la nuova Zen Enjoy era al passo con i tempi è vero, ma il vecchio Dojo e tutto quello che lo aveva accompagnato oramai era sparito per sempre.
Nel frattempo iniziavo vari corsi in altre palestre, ma oramai tutte avevano la stessa formula, la sala della fitboxe e dello step erano anche la sala delle arti marziali, spazzando via tutta l'atmosfera che questa arte deve avere per potersi concentrare al meglio, ma c'era da rassegnarsi oramai tutte le palestre erano uguali.
Come la palestra dove ho iniziato i corsi di bambini al Poggio a Caiano un stanzina sei metri per sei, oppure la Family Fitness di Firenze: una piccola stanza da dividere con gli attrezzi e non potevamo tenere la foto del maestro, perchè spaventava le signore della ginnastica per anziani, e altre palestre da non essere degne nemmeno di essere nominate.
Una volta un maestro mi disse: il Karate si può praticare anche su una sola mattonella: basta volerlo.
Poi a Dicembre scorso il viaggio a Madrid in Spagna al Dojo del Maestro Hiruma, finalmente avrei visto un vero Dojo, un Dojo dedicato al Karate, fatto da un Maestro Giapponese, un Dojo che mi avrebbe per la prima volta mostrato come debba essere un vero Dojo Giapponese.
La strada immensa piena di negozi, fra le insegne ne sbuca una, Hombu Dojo, il Dojo del maestro è lì davanti a noi.
Entriamo su per una scaletta ed arriviamo al Dojo...non rimango deluso...piccolo, tutto in legno...ma quel legno richiama rispetto, fatica e tutta l'atmosfera di un vero Dojo, in quel momento un praticante si rende conto che baratterebbe tutte le comodità delle palestre moderne per un posto del genere, non c'è paragone.
Purtroppo l'allenamento nel Dojo fu solo quello della sera, eravamo davvero troppi e il giorno dopo ci siamo spostati in uno spazioso palazzetto con spalti e le righe per terra degli altri sport, la pratica era più comoda è vero..ma l'atmosfera dov'era? La sensazione di essere immersi nel Dojo, nella pratica, avere il Maestro e i compagni gomito a gomito, gli sguardi sulla precedenza dei movimenti e l'attenzione su ogni spostamento... dove erano?
Non c'era la possibilità di averli, perchè semplicemente quello non era un Dojo.
La mia passione per la Katana e lo Iaido mi portano al Free Budo del maestro di Katori Alessio Oltremari, questo passaggio mi dà la conferma di come deve essere un Dojo, per un attimo vedendo il Dojo del Maestro Alessio rimango spiazzato....per un attimo ritrovo quella vecchia atmosfera della Zen Enjoy, è lì che sono nato, è lì che ho scoperto il Karate che non ho più abbandonato, forse quel piccolo quadrato di Agliana del maestro Faralli mi ha davvero, formato, plasmato, salvato, i risultati migliori sono arrivati là dentro.
Il Dojo di Oltremari è molto simile, piccolo ma riusciamo a praticare con spade, bastoni e naginata, come se niente fosse, forse perchè quello è un vero Dojo e fa sentire tutti noi siamo veri praticanti.
Non ultimo il Dojo personale di Francesco Buffini, maestro di Ninjutsu che in un luogo di nemmeno 20 metri ha organizzato con naturalezza numerosi stage con il suo maestro caposcuola con più di 20 persone!
Ed il cerchio finalmente si chiude, le persone stanno per arrivare, questo viaggio indietro nel tempo mi ha fatto riflettere...come tutti i Dojo anche il Dojo Ryu non sarà perfetto, forse perchè il Dojo perfetto non esiste, come ognuno di noi non è perfetto, come il nostro avversario che con i suoi pregi ma anche con i difetti può metterci in difficoltà...un vero Dojo esige, e ognuno deve essere pronto a questo richiamo..
Non ho potuto copiare nessuno dei Dojo che avevo incontrato, semplicemente perchè il Dojo Ryu è nato così...da solo, è venuto tutto naturale come se lo avessi sempre avuto nella testa.
Spero che tutti i praticanti trovino le sensazioni che ho provato io, spero che lo facciano loro, che lo vivino e che li accompagni come nessun Dojo ha fatto fino ad ora.
Il Karate può essere praticato anche su una mattonella....ed è proprio vero se quella mattonella è IL TUO DOJO.
Più di una volta sembrava di essere indietro con i lavori, poi il giorno dopo sembrava di essere in anticipo, insomma c'era semplicemente da passarci un sacco di ore.
Poi abbiamo finito!
Mancava la prova definitiva, arrivano gli atleti, il Dojo è per loro, il Dojo è loro... come lo vedranno? Se sapessero in che stato era prima! Speriamo che gli piaccia, speriamo che lo accettino come loro... questo pensavo mentre spostando i volantini aspettavo le prime lezioni.
Ma proprio in quel momento mi sono passati davanti i numerosi Dojo che ho visto durante la mia pratica...ho pensato a quale di questi avrei dovuto ispirarmi, ho fatto tutto così in fretta che non ho avuto tempo di attingere alla mia esperienza passata!
Ed ecco che torno indietro con i ricordi...quando ho iniziato il Karate nemmeno sapevo cosa fosse un Dojo, i tempi sono cambiati e così oggi ne trovo un esauriente spiegazione su Internet:
DOJO, termine Giapponese che indica il luogo dove si svolgono gli allenamenti di Arti marziali. Il Dojo è lo spazio in cui si
svolge l'allenamento ma è anche simbolo della profondità del rapporto che il praticante instaura con l'arte marziale praticata, quindi il Dojo è di fatto il luogo dell'isolamento e della meditazione. I Dojo sono per natura piccoli e storicamente quasi sempre vicino a delle foreste, i segreti così erano ben costuditi. Il Dojo è arrivato ad essere una seconda casa per il praticante, oggetti preparati dagli stessi allievi, ed anche lavori di calligrafia ed opere fanno mostra all'interno del Dojo, quindi non solo esercizio fisico, ma un luogo di concentrazione, valori ed amicizia. In occidente questo termine viene tradotto in palestra inteso come spazio e basta, ma in realtà è il luogo dove come ho detto si percorre la Via, dove si trova la realizzazione massima della propria individualità. Il Dojo è la scuola del Sensei (maestro) egli ne rappresenta il vertice e sua è la responsabilità del buon andamento; oltre al maestro vi sono altri insegnanti, i Senpai che svolgono un importante ruolo: il loro comportamento quotidiano rappresenta infatti l'esempio che deve guidare gli altri praticanti, quando i maestri ed i Senpai non si curano del proprio comportamento diventano un danno per tutta la scuola.
Si entra nel Dojo e si deve lasciare alle spalle tutti i problemi del giorno e della quotidianità, superare i propri limiti e rafforzarsi giorno per giorno. Coraggio e gentilezza, reciproco aiuto e determinato rispetto sono dettami che entrano a far parte del bagaglio dell'allievo, negli anni passati gli allievi effettuavano il rito del Soji (pulizia), gli allievi pulivano tutto l'ambiente lasciandolo così sempre in ordine per gli allenamenti successivi, tale gesto è simbolo di umiltà, una dote fondamentale nelle Arti Marziali.
Il mio primo Dojo?
Poggio a Caiano, palestra Punto Sport (esiste ancora), non avevano una sala dedicata ai corsi e quindi quando arrivava l'ora di Karate il nostro Maestro Simone Azzurri e il proprietario della palestra cominciavano a spostare gli attrezzi e i macchinari da pesistica, e al centro come per incanto apparivano pochi metri quadrati dove in Kimono cominciavamo la lezione. Molto spesso alcuni body builder li aiutavano nell'operazione come se stessero partecipando ad un‘operazione importante, poi si rimettevano ai loro esercizi lanciando curiose occhiate, ma sempre in un silenzio incredibile, mi ricordo questo silenzio rispettoso verso quello che facevamo, negli esercizi più dinamici come il Kawashi si fermavano tutti a guardare, poi una volta finito tornavano in ordine ai loro esercizi...questo è stato il mio primo Dojo, che in realtà non c'era perchè il giorno rimaneva nascosto fra panche pesi e pectoral machine... Poi il salto di qualità approdando alla scuola Shotokan, tutti parlavano di questa nuova palestra, roba grossa, locali tutti nuovi e dedicati alle attività....e addirittura una sala apposta per fare Karate!
Forse ero pronto per il mio nuovo Dojo.
Bottegone , Sport e Salute, palestra in una stradina buia e isolata, una sala pesi e al centro una sala per i corsi a corpo libero! Alle pareti una gigantografia di alcune palme e di un mare azzurro che faceva venire voglia di pensare alle vacanze altro che al Karate!
Ma il gioiello era il pavimento, non dure mattonelle come alla vecchia palestra ma una distesa di moquette marrone che invitava a salire a piedi nudi, le dimensioni erano abbastanza grandi anche se come tutte le sale da Palestra non sono mai quadrate, ma chissà perchè strette e lunghe.
Poco dopo però cominciai ad avvertire i limiti di quel Dojo, sembrava il luogo perfetto all'inizio ma poi non si era rivelato tale. La musica ed il chiacchericcio dalla vicina sala pesi distraeva, ma il fattore determinante era la maledetta moquette che letteralmente sbrandellava i piedi, le fasciature si rivelavano inutili perchè con l'attrito della moquette saltavano via, ed ogni lezione i piedi sanguinavano, non era possibile farci il callo perchè la moquette "taglia" e "brucia" la pelle in continuazione, senza contare che la moquette è molto difficile da pulire senza attrezzi professionali, quindi il sudore e lo sporco portato dalle scarpe degli altri corsi unito al nostro sangue...bè vi lascio immaginare...
Ma questo mi portò diritto al terzo Dojo, il dojo della scuola Shotokai di Ivo Faralli.
Agliana, palestra Zen Enjoy, al primo piano dopo aver salito delle scalettine metalliche sembrava di entrare in una palestra un po' alla Rocky Balboa, piccola, essenziale, ed il Dojo era lì accanto alla sala pesi un locale tutto aperto che per fortuna poi fu diviso perchè le ragazze che praticavano aerobica si lamentarono dei Body Builder...secondo loro gli esercizi di aerobica stimolavano i ragazzi a guardare troppo, e coì un muro arrivò a dividere questi due locali dagli usi poco compatibili fra loro.
Il Dojo era là, pochi metri quadrati, ma a terra faceva bella mostra un morbido tappeto fatto da Ivo in persona che probabilmente non avrebbe più assassinato i miei piedi, il Dojo era proprio a ridosso degli spogliatoi delle donne, tanto che uscendo letteralmente ci mettevano i piedi sopra, alle pareti dei Bo appesi, poi due sacchi da poter all'occorrenza appendere, alcuni colpitori molto utili (visto che fino ad allora non ne avevo mai visto uno!) e poi un quadro con uno scritto del maestro Murakami che dettava la legge dell'essere Irimi, chiudeva il tutto la foto del Maestro Egami che troneggiava su tutto il Dojo.
Quante cose avrei potuto fare! Il sacco! Le cadute! I colpitori....ed erano tutte cose che avrei potuto fare davvero se non fosse stato per un piccolo particolare....fra piccoli e grandi eravamo più di cento persone! Lo spazio scompariva letteralmente, i Kata venivano fatti arretrando continuamente, ci si urtava di continuo, si sbatteva contro le pareti, nel tempo il tappeto cominciò a cedere ed iniziò a strapparsi da tutte le parti la fodera che lo ricopriva, molte volte i piedi incontravano questa fodera e si cadeva.
In qualsiasi esercizio dovevamo essere sempre pronti, lo spazio ristretto non aiutava, il compagno vicino a noi ci poteva attaccare in ogni momento qualsiasi esercizio si stesse studiando, non importava cosa stessimo facendo... dovevi essere pronto! Così nascevano di continuo dei piccoli Kumite sparsi per il Dojo mentre il resto del gruppo andava avanti studiando qualcosa di completamente diverso! Con i due "combattenti" che travolgevano gli altri, e che puntualmente si rimettevano in posizione per riprendere subito il loro esercizio, a chiudere il tutto c'erano le docce a turni perchè eravamo troppi.
Ma se da una parte questo Dojo aveva evidenti limiti per il gruppo che ospitava, dall'altra offriva un modo di vivere il Karate in modo completamente avvolgente: il Dojo ti avvolgeva, i compagni ti avvolgevano, proprio come farebbe un ipotetico avversario... ti starebbe sempre addosso. E quella sensazione non ti abbandonava mai, non c'era "l'angolo del rilassamento", in pratica non potevi scappare né nasconderti durante gli esercizi, eravamo come un'orchestra dove i componenti stanno gomito a gomito, se uno non va a tempo lo vedi subito.
Poi Ivo mi mandò dal Maestro Maurizio Silvestri della World Ju Jitsu Federation per diventare istruttore.
Il Dojo del maestro Silvestri era una leggenda! Maestro di alto livello, aveva pubblicato addirittura delle VHS didattiche sul Ju Jitsu, compariva spesso sulle riviste del settore, ed io sarei andato proprio lì, per nove mesi il Dojo del maestro Silvestri a Livorno sarebbe stata la mia casa..
Livorno, zona molto frequentata, una porticina portava la scritta Zen Club, una volta dentro un piccolo banchetto/reception ti dava il benvenuto... poi eccolo lì il Dojo, piccolo molto piccolo, svariate armi appese al muro, ed alla fine assomigliava molto a quello della Zen Enjoy se non fosse per un particolare: il Dojo a quel tempo era tenuto malissimo, sporco e malandato, era come se tutti fossero troppo
impegnati ad allenarsi e quindi non c'era mai stato il tempo per dargli una pulita, e forse chissà era proprio così.
Dopo poco arrivò il momento di aprire un mio corso, avevo già la palestra che mi avrebbe ospitato.
Un centro nuovo, per quei tempi quasi futuristico, la palestra Gymos di Seano era sulla bocca di tutti, grazie ad una mia cara amica che faceva parte dei soci che avevano aperto questo centro ebbi la possibilità di iniziare i miei corsi all'interno del centro.
La sala che doveva farci da Dojo in realtà era stata progettata per la danze ed i corsi di step, abbastanza grande ma anche questa stretta e lunga, interamente in cartongesso...il risultato è che in poco tempo fra cadute, "kumite vivaci" e qualche Bo di troppo, sfondammo le pareti in vari punti.
Questi danni fecero probabilmente arrivare alla conclusione i gestori della Gymos che le arti marziali non si addicevano ai locali che loro avevano allestito.
Ci spostammo alla palestra Olimpic Club di Catena di Quarrata, qui una sala in fondo alla palestra ci attendeva per praticare il nostro Karate, il proprietario ci dette anche il permesso di appendere la foto del Maestro e qualche altro quadretto, naturalmente dovevamo dividerla con i soliti corsi di step e aerobica, con la musica della sala e con i Body Builder che urlavano ed arrancavano sotto i pesi, qualcuno a volte si metteva a ridere e ci faceva i versi, una cosa che non ho mai sopportato, ho sempre pensato infatti che qualsiasi disciplina meriti rispetto.
Così inevitabilmente arrivammo a litigare con qualcuno dei "giganti", una cosa che in un vero Dojo non sarebbe mai accaduta, giganti strafottenti che però al momento di prendersi la responsabilità del loro comportamento, si limitavano a sgattaiolare via in silenzio, Stavamo quasi per abbandonare questo Dojo che alla fine Dojo non era, quando mi arrivò la notizia che la palestra avrebbe cambiato gestore!
Il nuovo titolare promise dei lavori stratosferici, docce nuove (visto che quelle attuali si allagavano costringendoci a cambiarci sulle panche e a saltare poi dalle stesse panche nel corridoio, perché nello spogliatoio l'acqua ci arrivava alle caviglie!). Insomma promise una
rivoluzione totale, visto che quello per noi era ben lontano da essere il Dojo ideale. Così arrivò la famosa chiusura per i lavori, inutile dire che al rientro trovammo tutto uguale a prima, nessun lavoro era stato fatto, solo qualche attrezzo era stato spostato, ma niente di più... delusi ci apprestavamo ad una nuova stagione di disagi quando il mio maestro Ivo mi comunicò una notizia spettacolare...
A Quarrata Ivo ed il suo socio Riccardo avrebbero presto aperto una palestra in grande stile: Dynamic Center.
Un centro veramente al top! Con ben due sale per i corsi!
Ancora i lavori non erano ultimati quando ci trasferimmo là, le sale erano strette e lunghe con specchi alle pareti, a terra del parquet che però cominciò da subito a rompersi, ma alla fine il fatto che fosse del mio maestro mi dette il vantaggio di fare un po' mia quella sala. Purtroppo i tempi erano cambiati, e il rispetto per le discipline marziali in certe strutture è completamente sparito.
La nuova palestra era abbastanza funzionale, di atmosfera da Dojo non se ne parlava proprio però, istruttori di spinning maleducati e spavaldi lanciavano musiche con i tempi accelerati a tutto volume, il tutto naturalmente su dischi masterizzati che ogni tanto si incantavano, ci mancherebbe per serietà ad avere un CD originale!
Dopo di loro (noi eravamo praticamente l'ultimo corso della serata), la tranquillità era ancora ben lontana, ecco il turno dei Body Builder più grossi di tutti che con musiche metal sparate a tutto volume proseguivano il loro allenamento incuranti di noi che eravamo ad allenarci.
Decisamente non era il Dojo ideale, purtroppo dovevo prendere atto che l'atmosfera e i Dojo come la vecchia Zen Enjoy non esistevano più. Decine di persone ci guardavano ridendo della nostra divisa, mentre si allenavano con gli stessi vestiti con i quali arrivavano in palestra, e poi senza nemmeno farsi la doccia si preparavano al Venerdì sera, il tutto condito con le frasi dei colossi che ogni tanto sparavano....Quelli del Karate li spezzo a metà...
E allora se quello non era un Dojo non c'era bisogno di comportarsi come se lo fosse... comparvero degli avvisi sparsi per tutta la palestra, li scrissi personalmente, invitando tutti i giganti unti e sudati a raggiungermi nella sala d'allenamento, se uno pensava che il Karate non meritasse rispetto insieme a tutti i suoi praticanti era libero di dimostrarlo salendo le scale... inutile dire che mai nessuno salì quelle scale ed i commenti sparirono del tutto. Ma il pensiero era sempre quello; in un vero Dojo non sarebbe mai successo.
Intanto Ivo aveva cambiato sede, la nuova Zen Enjoy era al passo con i tempi è vero, ma il vecchio Dojo e tutto quello che lo aveva accompagnato oramai era sparito per sempre.
Nel frattempo iniziavo vari corsi in altre palestre, ma oramai tutte avevano la stessa formula, la sala della fitboxe e dello step erano anche la sala delle arti marziali, spazzando via tutta l'atmosfera che questa arte deve avere per potersi concentrare al meglio, ma c'era da rassegnarsi oramai tutte le palestre erano uguali.
Come la palestra dove ho iniziato i corsi di bambini al Poggio a Caiano un stanzina sei metri per sei, oppure la Family Fitness di Firenze: una piccola stanza da dividere con gli attrezzi e non potevamo tenere la foto del maestro, perchè spaventava le signore della ginnastica per anziani, e altre palestre da non essere degne nemmeno di essere nominate.
Una volta un maestro mi disse: il Karate si può praticare anche su una sola mattonella: basta volerlo.
Poi a Dicembre scorso il viaggio a Madrid in Spagna al Dojo del Maestro Hiruma, finalmente avrei visto un vero Dojo, un Dojo dedicato al Karate, fatto da un Maestro Giapponese, un Dojo che mi avrebbe per la prima volta mostrato come debba essere un vero Dojo Giapponese.
La strada immensa piena di negozi, fra le insegne ne sbuca una, Hombu Dojo, il Dojo del maestro è lì davanti a noi.
Entriamo su per una scaletta ed arriviamo al Dojo...non rimango deluso...piccolo, tutto in legno...ma quel legno richiama rispetto, fatica e tutta l'atmosfera di un vero Dojo, in quel momento un praticante si rende conto che baratterebbe tutte le comodità delle palestre moderne per un posto del genere, non c'è paragone.
Purtroppo l'allenamento nel Dojo fu solo quello della sera, eravamo davvero troppi e il giorno dopo ci siamo spostati in uno spazioso palazzetto con spalti e le righe per terra degli altri sport, la pratica era più comoda è vero..ma l'atmosfera dov'era? La sensazione di essere immersi nel Dojo, nella pratica, avere il Maestro e i compagni gomito a gomito, gli sguardi sulla precedenza dei movimenti e l'attenzione su ogni spostamento... dove erano?
Non c'era la possibilità di averli, perchè semplicemente quello non era un Dojo.
La mia passione per la Katana e lo Iaido mi portano al Free Budo del maestro di Katori Alessio Oltremari, questo passaggio mi dà la conferma di come deve essere un Dojo, per un attimo vedendo il Dojo del Maestro Alessio rimango spiazzato....per un attimo ritrovo quella vecchia atmosfera della Zen Enjoy, è lì che sono nato, è lì che ho scoperto il Karate che non ho più abbandonato, forse quel piccolo quadrato di Agliana del maestro Faralli mi ha davvero, formato, plasmato, salvato, i risultati migliori sono arrivati là dentro.
Il Dojo di Oltremari è molto simile, piccolo ma riusciamo a praticare con spade, bastoni e naginata, come se niente fosse, forse perchè quello è un vero Dojo e fa sentire tutti noi siamo veri praticanti.
Non ultimo il Dojo personale di Francesco Buffini, maestro di Ninjutsu che in un luogo di nemmeno 20 metri ha organizzato con naturalezza numerosi stage con il suo maestro caposcuola con più di 20 persone!
Ed il cerchio finalmente si chiude, le persone stanno per arrivare, questo viaggio indietro nel tempo mi ha fatto riflettere...come tutti i Dojo anche il Dojo Ryu non sarà perfetto, forse perchè il Dojo perfetto non esiste, come ognuno di noi non è perfetto, come il nostro avversario che con i suoi pregi ma anche con i difetti può metterci in difficoltà...un vero Dojo esige, e ognuno deve essere pronto a questo richiamo..
Non ho potuto copiare nessuno dei Dojo che avevo incontrato, semplicemente perchè il Dojo Ryu è nato così...da solo, è venuto tutto naturale come se lo avessi sempre avuto nella testa.
Spero che tutti i praticanti trovino le sensazioni che ho provato io, spero che lo facciano loro, che lo vivino e che li accompagni come nessun Dojo ha fatto fino ad ora.
Il Karate può essere praticato anche su una mattonella....ed è proprio vero se quella mattonella è IL TUO DOJO.