Intervista al Maestro Ivo
1. Cosa rappresenta il Karate-do Shotokai nella tua vita?
Quando ho iniziato non sapevo cosa fosse. Adesso è uno stile di vita, personalmente credo sia il migliore tra quelli che ho conosciuto dato che la pratica offre tantissimo sia a livello esteriore sia a livello interiore. Mi ha aiutato a superare molte delle difficoltà della vita perché ti insegna ad affrontare i problemi.
2. Quale è il ricordo più bello della tua pratica di Karate?
Ci sono molti bei momenti… il Maestro Campolmi pretendeva sempre il massimo da noi; molti allievi più dotati fisicamente ma senza la mentalità giusta cadevano durante la lezione, quindi arrivare in piedi alla fine dell’allenamento era una grande soddisfazione.
Un altro momento di soddisfazione è stato superare l’esame e ottenere il grado dal Maestro Murakami; non tanto per il grado in sé ma perché il suo obiettivo era riuscire a scoraggiarti e mandarti via, fare una selezione degli atleti così dura da indurti a rinunciare.
3.E quale, invece, il ricordo più triste?
Riguarda sempre il Maestro Murakami: ero cintura marrone ed ero ad un suo stage; dopo due ore di lezione durissima eravamo rimasti in pochi a resistere alla lezione e il Maestro ci ordinò di fare kihon di yoko geri lentissimamente; proprio mentre mi passava vicino decisi di dimostrargli che non sentivo la fatica ma fu un grande peccato di presunzione: il Maestro Murakami mi tirò uno schiaffo fortissimo che mi fece ronzare gli orecchi dal dolore. Quando ricominciai a sentire, mi arrivò la voce potente del Maestro Campolmi che aveva assistito alla scena: mi diceva che dovevo fare solo quello che mi diceva il Maestro Murakami. Per anni mi sono sentito come tradito, non riuscivo a capire il perché di quello schiaffo; credevo di essere bravo, di dedicare corpo e anima alla pratica… e invece ero stato preso a schiaffi. Solo nel tempo, quando ho iniziato ad insegnare, ho capito che ero stato presuntuoso, che quello schiaffo era la mia punizione per aver sfidato il Maestro.
4. In UNA SOLA parola, cosa credi che sia essenziale all’interno del Dojo?
FIDUCIA
5. Nell’ambito delle arti marziali, quale è uno dei tuoi sogni più grandi? Valgono anche cose “impossibili”
Fondare una mia scuola, un vero e proprio Dojo indipendente dalle palestre dove insegnare Karate.
6. Egami Sensei ha detto: “Si devono sfidare i limiti estremi della propria forza”. Cosa sono per te questi limiti?
Ancora non conosco i miei limiti, ma vorrei conoscerli. Dobbiamo andare a caccia di limiti.
7. Descrivi il momento più faticoso della tua pratica.
Con il Maestro Campolmi facevamo molte lezioni a settimana; dopo la lezione del venerdì sera mi venne la febbre, ma il giorno dopo c’erano due stage, feci il primo con la febbre alta. Fu davvero molto faticoso, due ore di lezione, e alla fine mezzora di Bassai Dai: ero distrutto. Però successe qualcosa… ero talmente stremato che mi scordai di essere malato, vivevo solo l’attimo, la febbre avrebbe anche potuto fermarmi ma avevo talmente tanta fiducia nel mio Maestro che la pratica ha vinto. Tornato a casa mangiai tantissimo, la febbre
era passata e io ero pronto per lo stage del pomeriggio.
8. Credi che il Karate-do Shotokai sia per tutti?
No, purtroppo non è per tutti. Le persone sono troppo abituate a ottenere quello che vogliono senza sudare: nello Shotokai invece tutto è fatica e tutto passa dalla fatica.
9. Cosa cambieresti della tua pratica personale?
Avrei voluto iniziare prima a usare il Bo perché aiuta tantissimo nella pratica. L’ho iniziato solo nel 1987 con il Maestro Hiruma.
10. Un messaggio per i tuoi allievi:
Dovete avere fiducia in voi stessi e nel vostro insegnante, senza la fiducia non andrete lontano. Ricordate che ogni esperienza, bella o brutta che sia, serve per la vostra crescita e solo il tempo potrà rivelare cosa è giusto e cosa è sbagliato.
Il dolore deve essere il vostro migliore amico: dovete continuare nonostante il dolore. Solo in questo modo diventerà parte integrante di voi e solo così lo potrete affrontare, accettare e superare.
Quando ho iniziato non sapevo cosa fosse. Adesso è uno stile di vita, personalmente credo sia il migliore tra quelli che ho conosciuto dato che la pratica offre tantissimo sia a livello esteriore sia a livello interiore. Mi ha aiutato a superare molte delle difficoltà della vita perché ti insegna ad affrontare i problemi.
2. Quale è il ricordo più bello della tua pratica di Karate?
Ci sono molti bei momenti… il Maestro Campolmi pretendeva sempre il massimo da noi; molti allievi più dotati fisicamente ma senza la mentalità giusta cadevano durante la lezione, quindi arrivare in piedi alla fine dell’allenamento era una grande soddisfazione.
Un altro momento di soddisfazione è stato superare l’esame e ottenere il grado dal Maestro Murakami; non tanto per il grado in sé ma perché il suo obiettivo era riuscire a scoraggiarti e mandarti via, fare una selezione degli atleti così dura da indurti a rinunciare.
3.E quale, invece, il ricordo più triste?
Riguarda sempre il Maestro Murakami: ero cintura marrone ed ero ad un suo stage; dopo due ore di lezione durissima eravamo rimasti in pochi a resistere alla lezione e il Maestro ci ordinò di fare kihon di yoko geri lentissimamente; proprio mentre mi passava vicino decisi di dimostrargli che non sentivo la fatica ma fu un grande peccato di presunzione: il Maestro Murakami mi tirò uno schiaffo fortissimo che mi fece ronzare gli orecchi dal dolore. Quando ricominciai a sentire, mi arrivò la voce potente del Maestro Campolmi che aveva assistito alla scena: mi diceva che dovevo fare solo quello che mi diceva il Maestro Murakami. Per anni mi sono sentito come tradito, non riuscivo a capire il perché di quello schiaffo; credevo di essere bravo, di dedicare corpo e anima alla pratica… e invece ero stato preso a schiaffi. Solo nel tempo, quando ho iniziato ad insegnare, ho capito che ero stato presuntuoso, che quello schiaffo era la mia punizione per aver sfidato il Maestro.
4. In UNA SOLA parola, cosa credi che sia essenziale all’interno del Dojo?
FIDUCIA
5. Nell’ambito delle arti marziali, quale è uno dei tuoi sogni più grandi? Valgono anche cose “impossibili”
Fondare una mia scuola, un vero e proprio Dojo indipendente dalle palestre dove insegnare Karate.
6. Egami Sensei ha detto: “Si devono sfidare i limiti estremi della propria forza”. Cosa sono per te questi limiti?
Ancora non conosco i miei limiti, ma vorrei conoscerli. Dobbiamo andare a caccia di limiti.
7. Descrivi il momento più faticoso della tua pratica.
Con il Maestro Campolmi facevamo molte lezioni a settimana; dopo la lezione del venerdì sera mi venne la febbre, ma il giorno dopo c’erano due stage, feci il primo con la febbre alta. Fu davvero molto faticoso, due ore di lezione, e alla fine mezzora di Bassai Dai: ero distrutto. Però successe qualcosa… ero talmente stremato che mi scordai di essere malato, vivevo solo l’attimo, la febbre avrebbe anche potuto fermarmi ma avevo talmente tanta fiducia nel mio Maestro che la pratica ha vinto. Tornato a casa mangiai tantissimo, la febbre
era passata e io ero pronto per lo stage del pomeriggio.
8. Credi che il Karate-do Shotokai sia per tutti?
No, purtroppo non è per tutti. Le persone sono troppo abituate a ottenere quello che vogliono senza sudare: nello Shotokai invece tutto è fatica e tutto passa dalla fatica.
9. Cosa cambieresti della tua pratica personale?
Avrei voluto iniziare prima a usare il Bo perché aiuta tantissimo nella pratica. L’ho iniziato solo nel 1987 con il Maestro Hiruma.
10. Un messaggio per i tuoi allievi:
Dovete avere fiducia in voi stessi e nel vostro insegnante, senza la fiducia non andrete lontano. Ricordate che ogni esperienza, bella o brutta che sia, serve per la vostra crescita e solo il tempo potrà rivelare cosa è giusto e cosa è sbagliato.
Il dolore deve essere il vostro migliore amico: dovete continuare nonostante il dolore. Solo in questo modo diventerà parte integrante di voi e solo così lo potrete affrontare, accettare e superare.