Intervista al Maestro Lorenzo
1. Cosa rappresenta il Karate-do Shotokai nella tua vita?
E’ uno stile di vita, una passione e un percorso con tutti i miei allievi; non è solo un lavoro, e include tutti i rami della mia vita: per questo sono felice di avere accanto a me una persona che mi sostiene in tutto quel che faccio.
2. Quale è il ricordo più bello della tua pratica di Karate?
Sono due i ricordi più importanti: il primo è di quando ho cambiato stile (da Shotokan a Shotokai) e mi sono reso conto che lo Shotokai non solo era l’Arte marziale come la intendevo io, ma che andava addirittura oltre le mie aspettative: il momento in cui ho realizzato che ciò che facevo era giusto e positivo è uno dei più bei ricordi, va oltre il vincere una gara come era nell’altro stile.
Il secondo ricordo è lo Stage estivo a Cutigliano nel 2011 perché mi ha dato modo di capire che avevo un gruppo di persone che nella tecnica non ha niente da invidiare alla “vecchia scuola”, mi sono sentito fiero perché gli allievi hanno appreso i MIEI insegnamenti. È stato un onore: tutti erano lì per la tecnica e mi hanno fatto sentire realizzato, ho sentito fiducia, mi sono davvero sentito “maestro”, con i conseguenti onori e oneri. La sera mi sono emozionato pensando che c’erano persone che dormivano nelle camere vicine alla mia aspettando la mia lezione; nonostante conoscessi i miei allievi, mi sembrava di dover insegnare per la prima volta.
3. E quale, invece, il ricordo più triste?
Anche qui sono due i ricordi più tristi: il primo è stato quando mi sono accorto che il karate praticato nella maggior parte delle palestre era fatto di poche tecniche mirate solo alla vittoria nelle gare: l’ambiente non era positivo e c’era troppa competizione; arrivava prima o poi il momento in cui ti chiedevi se era anche colpa tua se il livello di quelle scuole era così basso.
Il secondo momento è stato quando mi allenavo nella palestra del Maestro Ivo e tutti gli allievi poco a poco hanno abbandonato la pratica lasciandoci in così pochi che credevo che il corso venisse chiuso; avevo anche pensato di cercare un’altra arte marziale alla quale dedicarmi perché ero sicuro che il Maestro Ivo non avrebbe insegnato a un gruppo che da quasi 200 persone era diventato di poche unità. Per fortuna non ha mai smesso di insegnare con la solita forza, sia che fossimo 200 sia che fossimo 5.
4. In UNA SOLA parola, cosa credi che sia essenziale all’interno del Dojo?
RISPETTO
5. Nell’ambito delle arti marziali, quale è uno dei tuoi sogni più grandi? Valgono anche cose “impossibili”
Vorrei che i grandi Maestri storici non avessero lasciato il Karate senza un organo di controllo mondiale, un organo che dia a tutti certezze tecniche e storiche, che non lasci spazio alle “invenzioni” e alle interpretazioni personali dei maestri moderni.
6. Egami Sensei ha detto: “Si devono sfidare i limiti estremi della propria forza”. Cosa sono per te questi limiti?
Credo sia una frase che si possa riferire a un’intera vita da Karateka: si deve andare avanti nonostante la fatica, il dolore e le crisi; nonostante tutto dobbiamo continuare a indossare il kimono e proseguire il cammino.
7. Descrivi il momento più faticoso della tua pratica.
Con il Maestro Ivo ci sono stati tantissimi momenti faticosi, ogni lezione riusciva ad essere più dura delle precedenti, a volte era difficile addirittura finire la ginnastica. Ogni lezione era un massacro, non era previsto fermarsi, la lezione non si fermava per nessuno, e nessuno ti aiutava se ti sentivi male. Le lezioni erano di poco più di un’ora ma erano continue perché venivano fatte il lunedì, il mercoledì e il venerdì, quindi non c’era mai abbastanza tempo per recuperare le forze. Personalmente ho sempre pensato che se mi fossi fermato durante una lezione sarebbe stato solo perché non avevo davvero più nessuna energia: se fossi caduto sarebbe stato solo perché non potevo più rialzarmi e ripartire.
8. Credi che il Karate-do Shotokai sia per tutti?
Decisamente no, non è per tutti.
9. Cosa cambieresti della tua pratica personale?
Niente, però avrei voluto iniziare prima a praticare Iaido.
10. Un messaggio per i tuoi allievi:
Di tutta la mia carriera, questo è in assoluto il miglior gruppo di allievi che abbia mai avuto, sia dal punto di vista mentale che tecnico: avete volontà, voglia di apprendere e di partecipare attivamente. Credo che, se avrete costanza, la strada sarà lunga ma condurrà lontano. Sono fiero di voi.
E’ uno stile di vita, una passione e un percorso con tutti i miei allievi; non è solo un lavoro, e include tutti i rami della mia vita: per questo sono felice di avere accanto a me una persona che mi sostiene in tutto quel che faccio.
2. Quale è il ricordo più bello della tua pratica di Karate?
Sono due i ricordi più importanti: il primo è di quando ho cambiato stile (da Shotokan a Shotokai) e mi sono reso conto che lo Shotokai non solo era l’Arte marziale come la intendevo io, ma che andava addirittura oltre le mie aspettative: il momento in cui ho realizzato che ciò che facevo era giusto e positivo è uno dei più bei ricordi, va oltre il vincere una gara come era nell’altro stile.
Il secondo ricordo è lo Stage estivo a Cutigliano nel 2011 perché mi ha dato modo di capire che avevo un gruppo di persone che nella tecnica non ha niente da invidiare alla “vecchia scuola”, mi sono sentito fiero perché gli allievi hanno appreso i MIEI insegnamenti. È stato un onore: tutti erano lì per la tecnica e mi hanno fatto sentire realizzato, ho sentito fiducia, mi sono davvero sentito “maestro”, con i conseguenti onori e oneri. La sera mi sono emozionato pensando che c’erano persone che dormivano nelle camere vicine alla mia aspettando la mia lezione; nonostante conoscessi i miei allievi, mi sembrava di dover insegnare per la prima volta.
3. E quale, invece, il ricordo più triste?
Anche qui sono due i ricordi più tristi: il primo è stato quando mi sono accorto che il karate praticato nella maggior parte delle palestre era fatto di poche tecniche mirate solo alla vittoria nelle gare: l’ambiente non era positivo e c’era troppa competizione; arrivava prima o poi il momento in cui ti chiedevi se era anche colpa tua se il livello di quelle scuole era così basso.
Il secondo momento è stato quando mi allenavo nella palestra del Maestro Ivo e tutti gli allievi poco a poco hanno abbandonato la pratica lasciandoci in così pochi che credevo che il corso venisse chiuso; avevo anche pensato di cercare un’altra arte marziale alla quale dedicarmi perché ero sicuro che il Maestro Ivo non avrebbe insegnato a un gruppo che da quasi 200 persone era diventato di poche unità. Per fortuna non ha mai smesso di insegnare con la solita forza, sia che fossimo 200 sia che fossimo 5.
4. In UNA SOLA parola, cosa credi che sia essenziale all’interno del Dojo?
RISPETTO
5. Nell’ambito delle arti marziali, quale è uno dei tuoi sogni più grandi? Valgono anche cose “impossibili”
Vorrei che i grandi Maestri storici non avessero lasciato il Karate senza un organo di controllo mondiale, un organo che dia a tutti certezze tecniche e storiche, che non lasci spazio alle “invenzioni” e alle interpretazioni personali dei maestri moderni.
6. Egami Sensei ha detto: “Si devono sfidare i limiti estremi della propria forza”. Cosa sono per te questi limiti?
Credo sia una frase che si possa riferire a un’intera vita da Karateka: si deve andare avanti nonostante la fatica, il dolore e le crisi; nonostante tutto dobbiamo continuare a indossare il kimono e proseguire il cammino.
7. Descrivi il momento più faticoso della tua pratica.
Con il Maestro Ivo ci sono stati tantissimi momenti faticosi, ogni lezione riusciva ad essere più dura delle precedenti, a volte era difficile addirittura finire la ginnastica. Ogni lezione era un massacro, non era previsto fermarsi, la lezione non si fermava per nessuno, e nessuno ti aiutava se ti sentivi male. Le lezioni erano di poco più di un’ora ma erano continue perché venivano fatte il lunedì, il mercoledì e il venerdì, quindi non c’era mai abbastanza tempo per recuperare le forze. Personalmente ho sempre pensato che se mi fossi fermato durante una lezione sarebbe stato solo perché non avevo davvero più nessuna energia: se fossi caduto sarebbe stato solo perché non potevo più rialzarmi e ripartire.
8. Credi che il Karate-do Shotokai sia per tutti?
Decisamente no, non è per tutti.
9. Cosa cambieresti della tua pratica personale?
Niente, però avrei voluto iniziare prima a praticare Iaido.
10. Un messaggio per i tuoi allievi:
Di tutta la mia carriera, questo è in assoluto il miglior gruppo di allievi che abbia mai avuto, sia dal punto di vista mentale che tecnico: avete volontà, voglia di apprendere e di partecipare attivamente. Credo che, se avrete costanza, la strada sarà lunga ma condurrà lontano. Sono fiero di voi.