IL KIHON
Studiare regolarmente le tecniche fondamentali di attacco e di difesa durante un
kihon da 10 a 30 minuti è indispensabile. Un kihon di gruppo poi favorisce l’emulazione: se i karateka più anziani riescono a resistere più a lungo, incoraggeranno i principianti a imitarli migliorando anche la loro concentrazione e la loro tecnica e a prendere più confidenza con i propri movimenti.
Dopo il saluto, i praticanti sono allineati e attendono il primo comando del Maestro. I movimenti possono essere eseguiti all’inizio dalla posizione hachi-dachi, corpo e braccia rilassati. Quando il kihon è terminato, i praticanti si rialzano lentamente, senza abbandonare la concentrazione e l’eventuale intenzione di ripartire. A ogni comando, la tecnica deve scaturire immediatamente: nella ginnastica, nell’addestramento militare e nel Karate Shotokan l’azione è una risposta al comando. Nel Karate Shotokai, comando e esecuzione della tecnica devono essere una cosa sola: “ Mentre il comando viene pronunciato voi dovete già essere in azione; quando il comando è finito voi dovete aver finito la vostra tecnica” diceva il Maestro Egami.
Bisogna essere molto esigenti con se stessi poiché durante il kihon l’attenzione diminuisce in fretta: nessuno ci sta attaccando, il lavoro può sembrare noioso e le gambe si affaticano sempre di più… in questo modo i movimenti rischiano di essere meccanici e il corpo tende a bloccarsi e indurirsi. Un Maestro che semplicemente dice ai suoi allievi di tenere una posizione più bassa non fa abbastanza per
loro: deve portare i suoi allievi a voler dare sempre il meglio di loro stessi.
Credere poi che tutto diventi più facile con il passare del tempo è un grande errore: ad ogni miglioramento deve seguire un kihon più lungo e intenso, solo così si possono ottenere buoni risultati.
Un tipo di kihon diverso comporta anche un tipo di fatica diversa: i movimenti sincronizzati dello stile Shotokan spezzano il fiato più alla svelta: il ritmo cardiaco è più veloce e i contraccolpi articolari legati ai bloccaggi delle tecniche irrigidiscono le spalle. Il kihon dello stile Shotokai invece mette alla prova soprattutto i quadricipiti poiché la posizione è più bassa e sempre protesa in avanti, come a dover sferrare sempre un altro colpo, senza interruzioni.
In tutti i casi è la fatica mentale l’ostacolo peggiore: per questo la concentrazione deve sempre essere al massimo in tutte le fasi del kihon, dal saluto iniziale a quello finale, tutto deve essere svolto con la stessa disposizione d’animo.
Negli Sport normali è l’Azione ad avere importanza. Nelle Arti Marziali l’Azione senza Spirito non vi porterà da nessuna parte.
kihon da 10 a 30 minuti è indispensabile. Un kihon di gruppo poi favorisce l’emulazione: se i karateka più anziani riescono a resistere più a lungo, incoraggeranno i principianti a imitarli migliorando anche la loro concentrazione e la loro tecnica e a prendere più confidenza con i propri movimenti.
Dopo il saluto, i praticanti sono allineati e attendono il primo comando del Maestro. I movimenti possono essere eseguiti all’inizio dalla posizione hachi-dachi, corpo e braccia rilassati. Quando il kihon è terminato, i praticanti si rialzano lentamente, senza abbandonare la concentrazione e l’eventuale intenzione di ripartire. A ogni comando, la tecnica deve scaturire immediatamente: nella ginnastica, nell’addestramento militare e nel Karate Shotokan l’azione è una risposta al comando. Nel Karate Shotokai, comando e esecuzione della tecnica devono essere una cosa sola: “ Mentre il comando viene pronunciato voi dovete già essere in azione; quando il comando è finito voi dovete aver finito la vostra tecnica” diceva il Maestro Egami.
Bisogna essere molto esigenti con se stessi poiché durante il kihon l’attenzione diminuisce in fretta: nessuno ci sta attaccando, il lavoro può sembrare noioso e le gambe si affaticano sempre di più… in questo modo i movimenti rischiano di essere meccanici e il corpo tende a bloccarsi e indurirsi. Un Maestro che semplicemente dice ai suoi allievi di tenere una posizione più bassa non fa abbastanza per
loro: deve portare i suoi allievi a voler dare sempre il meglio di loro stessi.
Credere poi che tutto diventi più facile con il passare del tempo è un grande errore: ad ogni miglioramento deve seguire un kihon più lungo e intenso, solo così si possono ottenere buoni risultati.
Un tipo di kihon diverso comporta anche un tipo di fatica diversa: i movimenti sincronizzati dello stile Shotokan spezzano il fiato più alla svelta: il ritmo cardiaco è più veloce e i contraccolpi articolari legati ai bloccaggi delle tecniche irrigidiscono le spalle. Il kihon dello stile Shotokai invece mette alla prova soprattutto i quadricipiti poiché la posizione è più bassa e sempre protesa in avanti, come a dover sferrare sempre un altro colpo, senza interruzioni.
In tutti i casi è la fatica mentale l’ostacolo peggiore: per questo la concentrazione deve sempre essere al massimo in tutte le fasi del kihon, dal saluto iniziale a quello finale, tutto deve essere svolto con la stessa disposizione d’animo.
Negli Sport normali è l’Azione ad avere importanza. Nelle Arti Marziali l’Azione senza Spirito non vi porterà da nessuna parte.