"La cintura nera"
Articolo del M° Lorenzo Martuscelli
Alla domanda: “Ma quanto ci vuole per prendere la Cintura Nera?” mi piace rispondere sempre così: “Pochi minuti: il tempo di entrare in un negozio sportivo e comprarsela…”.
I gradi nel Karate e nelle Arti Marziali sono sempre stati oggetto di dibattito: c’è chi pensa che i gradi servano per “stimolare” il praticante, ponendo così la cintura nera come obiettivo per poter proseguire lo studio; altri invece pensano che i gradi siano più importanti della pratica, vedendo il colore della cintura come l’unico obiettivo da raggiungere, rischiando quindi di tralasciare la vera essenza della disciplina che sta praticando.
Secondo me la verità sta un po’ nel mezzo.
Oggigiorno nel settore delle Arti Marziali c’è una vera e propria competizione da parte dei Maestri nell’esibire più gradi della “concorrenza”: basta una breve ricerca su internet per scovare Maestri che possiedono la bellezza di 20 – 30 Dan sommando tutte le discipline che fanno o dicono di aver fatto. Questo è un chiaro esempio di come alcuni Maestri possano garantire cinture, qualifiche e gradi nel minor tempo possibile: in questi casi si innesca un processo di marketing che ha come fine incassare più mensilità e abbonamenti possibile: le cinture vengono vendute come il pane! La cosa incredibile è che molti atleti, indossando la nuova cintura o il nuovo grado, si sentono veramente più bravi più forti e più veloci di quando avevano la cintura inferiore, e perdono di vista un fattore determinante: il legarsi una nuova cintura non può certamente averli cambiati, né tantomeno resi più forti e migliori.
Ma allora le cinture a cosa servono?
All’inizio della pratica non vi erano cinture colorate ma solo due cinture: la bianca e la nera. La bianca per il principiante e la nera per chi aveva già praticato a lungo, le cinture nere sono nate solo con questo fine. Fu solo per l’aumento del numero di atleti che fu deciso di scandire meglio e più ordinatamente la permanenza dei vari praticanti, aggiungendo i vari colori che dalla bianca portano alla cintura nera.
Devo riconoscere che l’obiettivo della cintura nera è una cosa puramente occidentale: noi siamo infatti più coinvolti e motivati in qualsiasi cosa facciamo se c’è un fine, un obiettivo da raggiungere. Ma per gli orientali non è così.
Non nego che all’inizio della pratica anche io avessi come punto fermo il raggiungimento della cintura nera, e continuamente sognavo il giorno in cui finalmente avrei potuto legarmi la cintura alla vita e dire finalmente di esserci riuscito… ma dopo? Che cosa avrei fatto? Cosa c’era dopo la cintura nera?
La mia prima cintura nera mi fu regalata da un caro amico dopo poche settimane che avevo iniziato a praticare Karate, mi fu data in una borsa con un biglietto con su scritto “arrivaci”. Quella cintura la conservavo con gelosia, nascosta in un angolo del mio armadio perché mi aspettasse; dopo molti anni mi sono addirittura dimenticato di averla e non so nemmeno che fine abbia fatto.
Nella vecchia palestra vedevo sempre la cintura del mio maestro appesa, ed ogni volta che Ivo raccontava un aneddoto di qualche stage o degli incontri con maestri giapponesi come Murakami, il mio pensiero andava a quella cintura: per me erano una cosa sola, non potevo immaginarmi quegli eventi senza quella preziosa cintura.
Una sera dovevamo fare una esibizione ed Ivo si era dimenticato la sua cintura; ero insieme ad Andrea, un mio vecchio compagno di pratica; Ivo chiese se potevamo prestargli una delle nostre, immediatamente ci togliemmo le cinture con le mani tremanti e le porgemmo al maestro. Non vi era mai stata alcuna competizione fra noi, ma so bene che in quel momento sia io che Andrea volevamo che il Maestro scegliesse la nostra cintura, era un po’ come se alcuni “poteri” del nostro maestro tramite quel tocco potessero passare magicamente a noi. Dopo molti anni avevamo finalmente capito che il vero potere non è nella cintura ma dentro noi stessi: dopo una leggera pausa il maestro ringraziò e scelse una cintura.
Ma molto tempo prima c’è stato un momento in cui ho capito che la cintura aveva solo il valore che ha, ovvero la funzione di una cintura per legarsi il Gi e nient’altro: sotto la guida di Ivo stavo affrontando con molta calma i programmi di esame della Scuola Shotokai: ogni esame era atteso con grande emozione e grande soddisfazione, perché le cinture con Ivo erano sempre molto sudate, quindi guadagnarsi il diritto all’esame era una sensazione bellissima. Vi erano diverse cinture marroni, ed una sera nello spogliatoio chiesi ad una di queste: “Quanto tempo è che hai la cintura marrone?”. Questo ragazzo, mentre rifaceva la borsa, si fermò e guardando in alto cominciò a pensare, poi dopo una pausa mi rispose tranquillamente: “Non ricordo bene, ma forse sono 5 o 6 anni…” In quel momento arrivò un altro compagno, la cintura marrone gli chiese se ricordasse con esattezza da quanto tempo fosse cintura marrone, dopo alcuni calcoli e riferimenti stabilirono che aveva quel grado da più di 6 anni!
Rimasi totalmente stupito e affascinato: questo ragazzo continuava a praticare costantemente e senza risparmiarsi, aveva ormai superato il concetto di rincorrere la cintura nera, solo in quel momento capii perché fosse più bravo di molte cinture nere che avevo incontrato nel mio cammino!
Arrivai alla conclusione che sicuramente era meglio essere delle buone cinture marroni, blu, verdi o bianche che una mediocre cintura nera.
Fu una grande liberazione! La cintura non contava niente!
Di colpo avevo capito che non è la cintura che ci rappresenta, ma siamo noi che rappresentiamo il colore che portiamo. Non è automatico che una cintura nera sia un buon praticante, non è sicuro che un istruttore sia un bravo istruttore solo perché ha questa qualifica.
Molte volte Ivo ripeteva sempre, e lo ripete ancora, che la cintura nera non è la fine della pratica: al contrario, non è che l’inizio. Molte volte sento i principianti dire: arriverò alla cintura nera poi smetto, perché ho finito..
Dentro di me sorrido perché capisco che non hanno ancora capito il valore di quello che fanno, queste persone sono destinate ad abbandonare, o a diventare cinture nere senza valore perché poi, come e già successo, crederanno di aver capito e imparato ormai tutto solo per il fatto di essersi legati quel pezzo di stoffa alla vita.
Non dovrebbe esserci bisogno di chinare la testa e guardare in basso per vedere che colore di cintura si possiede: si dovrebbe tenere la testa dritta e guardare fieri in avanti oltre che dentro noi stessi per renderci conto di quanto ancora possiamo migliorare senza necessariamente aspettare il nuovo colore per impegnarsi di più.
La cintura Nera arriverà per tutti un giorno, ma sarà sempre e solo quello che è: un pezzo di stoffa. La vera “Cintura Nera” siamo noi stessi, e dovremmo dimostrarlo. Dopo la cintura Nera si apre un mondo tutto nuovo per il Karateka e solo chi è rimasto dritto potrà apprezzarne al massimo il valore; per tutti gli altri la ricompensa sarà magra, avranno guadagnato solo un pezzo di stoffa da esibire agli amici, che a loro volta ne potranno comprare una per pochi euro, perché secondo queste persone la forza risiede nel fatto di possedere una cintura nera e non di esserlo veramente.
C’è una grossa responsabilità nel portare una cintura nera in palestra.
Le vere cinture nere hanno la propria cintura legata alla vita 24 ore al giorno e per sempre, non hanno bisogno di chinare la testa per vedere se c’è, perché anche se da fuori non si vede è oramai radicata dentro di loro….
I gradi nel Karate e nelle Arti Marziali sono sempre stati oggetto di dibattito: c’è chi pensa che i gradi servano per “stimolare” il praticante, ponendo così la cintura nera come obiettivo per poter proseguire lo studio; altri invece pensano che i gradi siano più importanti della pratica, vedendo il colore della cintura come l’unico obiettivo da raggiungere, rischiando quindi di tralasciare la vera essenza della disciplina che sta praticando.
Secondo me la verità sta un po’ nel mezzo.
Oggigiorno nel settore delle Arti Marziali c’è una vera e propria competizione da parte dei Maestri nell’esibire più gradi della “concorrenza”: basta una breve ricerca su internet per scovare Maestri che possiedono la bellezza di 20 – 30 Dan sommando tutte le discipline che fanno o dicono di aver fatto. Questo è un chiaro esempio di come alcuni Maestri possano garantire cinture, qualifiche e gradi nel minor tempo possibile: in questi casi si innesca un processo di marketing che ha come fine incassare più mensilità e abbonamenti possibile: le cinture vengono vendute come il pane! La cosa incredibile è che molti atleti, indossando la nuova cintura o il nuovo grado, si sentono veramente più bravi più forti e più veloci di quando avevano la cintura inferiore, e perdono di vista un fattore determinante: il legarsi una nuova cintura non può certamente averli cambiati, né tantomeno resi più forti e migliori.
Ma allora le cinture a cosa servono?
All’inizio della pratica non vi erano cinture colorate ma solo due cinture: la bianca e la nera. La bianca per il principiante e la nera per chi aveva già praticato a lungo, le cinture nere sono nate solo con questo fine. Fu solo per l’aumento del numero di atleti che fu deciso di scandire meglio e più ordinatamente la permanenza dei vari praticanti, aggiungendo i vari colori che dalla bianca portano alla cintura nera.
Devo riconoscere che l’obiettivo della cintura nera è una cosa puramente occidentale: noi siamo infatti più coinvolti e motivati in qualsiasi cosa facciamo se c’è un fine, un obiettivo da raggiungere. Ma per gli orientali non è così.
Non nego che all’inizio della pratica anche io avessi come punto fermo il raggiungimento della cintura nera, e continuamente sognavo il giorno in cui finalmente avrei potuto legarmi la cintura alla vita e dire finalmente di esserci riuscito… ma dopo? Che cosa avrei fatto? Cosa c’era dopo la cintura nera?
La mia prima cintura nera mi fu regalata da un caro amico dopo poche settimane che avevo iniziato a praticare Karate, mi fu data in una borsa con un biglietto con su scritto “arrivaci”. Quella cintura la conservavo con gelosia, nascosta in un angolo del mio armadio perché mi aspettasse; dopo molti anni mi sono addirittura dimenticato di averla e non so nemmeno che fine abbia fatto.
Nella vecchia palestra vedevo sempre la cintura del mio maestro appesa, ed ogni volta che Ivo raccontava un aneddoto di qualche stage o degli incontri con maestri giapponesi come Murakami, il mio pensiero andava a quella cintura: per me erano una cosa sola, non potevo immaginarmi quegli eventi senza quella preziosa cintura.
Una sera dovevamo fare una esibizione ed Ivo si era dimenticato la sua cintura; ero insieme ad Andrea, un mio vecchio compagno di pratica; Ivo chiese se potevamo prestargli una delle nostre, immediatamente ci togliemmo le cinture con le mani tremanti e le porgemmo al maestro. Non vi era mai stata alcuna competizione fra noi, ma so bene che in quel momento sia io che Andrea volevamo che il Maestro scegliesse la nostra cintura, era un po’ come se alcuni “poteri” del nostro maestro tramite quel tocco potessero passare magicamente a noi. Dopo molti anni avevamo finalmente capito che il vero potere non è nella cintura ma dentro noi stessi: dopo una leggera pausa il maestro ringraziò e scelse una cintura.
Ma molto tempo prima c’è stato un momento in cui ho capito che la cintura aveva solo il valore che ha, ovvero la funzione di una cintura per legarsi il Gi e nient’altro: sotto la guida di Ivo stavo affrontando con molta calma i programmi di esame della Scuola Shotokai: ogni esame era atteso con grande emozione e grande soddisfazione, perché le cinture con Ivo erano sempre molto sudate, quindi guadagnarsi il diritto all’esame era una sensazione bellissima. Vi erano diverse cinture marroni, ed una sera nello spogliatoio chiesi ad una di queste: “Quanto tempo è che hai la cintura marrone?”. Questo ragazzo, mentre rifaceva la borsa, si fermò e guardando in alto cominciò a pensare, poi dopo una pausa mi rispose tranquillamente: “Non ricordo bene, ma forse sono 5 o 6 anni…” In quel momento arrivò un altro compagno, la cintura marrone gli chiese se ricordasse con esattezza da quanto tempo fosse cintura marrone, dopo alcuni calcoli e riferimenti stabilirono che aveva quel grado da più di 6 anni!
Rimasi totalmente stupito e affascinato: questo ragazzo continuava a praticare costantemente e senza risparmiarsi, aveva ormai superato il concetto di rincorrere la cintura nera, solo in quel momento capii perché fosse più bravo di molte cinture nere che avevo incontrato nel mio cammino!
Arrivai alla conclusione che sicuramente era meglio essere delle buone cinture marroni, blu, verdi o bianche che una mediocre cintura nera.
Fu una grande liberazione! La cintura non contava niente!
Di colpo avevo capito che non è la cintura che ci rappresenta, ma siamo noi che rappresentiamo il colore che portiamo. Non è automatico che una cintura nera sia un buon praticante, non è sicuro che un istruttore sia un bravo istruttore solo perché ha questa qualifica.
Molte volte Ivo ripeteva sempre, e lo ripete ancora, che la cintura nera non è la fine della pratica: al contrario, non è che l’inizio. Molte volte sento i principianti dire: arriverò alla cintura nera poi smetto, perché ho finito..
Dentro di me sorrido perché capisco che non hanno ancora capito il valore di quello che fanno, queste persone sono destinate ad abbandonare, o a diventare cinture nere senza valore perché poi, come e già successo, crederanno di aver capito e imparato ormai tutto solo per il fatto di essersi legati quel pezzo di stoffa alla vita.
Non dovrebbe esserci bisogno di chinare la testa e guardare in basso per vedere che colore di cintura si possiede: si dovrebbe tenere la testa dritta e guardare fieri in avanti oltre che dentro noi stessi per renderci conto di quanto ancora possiamo migliorare senza necessariamente aspettare il nuovo colore per impegnarsi di più.
La cintura Nera arriverà per tutti un giorno, ma sarà sempre e solo quello che è: un pezzo di stoffa. La vera “Cintura Nera” siamo noi stessi, e dovremmo dimostrarlo. Dopo la cintura Nera si apre un mondo tutto nuovo per il Karateka e solo chi è rimasto dritto potrà apprezzarne al massimo il valore; per tutti gli altri la ricompensa sarà magra, avranno guadagnato solo un pezzo di stoffa da esibire agli amici, che a loro volta ne potranno comprare una per pochi euro, perché secondo queste persone la forza risiede nel fatto di possedere una cintura nera e non di esserlo veramente.
C’è una grossa responsabilità nel portare una cintura nera in palestra.
Le vere cinture nere hanno la propria cintura legata alla vita 24 ore al giorno e per sempre, non hanno bisogno di chinare la testa per vedere se c’è, perché anche se da fuori non si vede è oramai radicata dentro di loro….