Shotokai e Shotokan - La storia
Ci sono tre distinzioni di tappa nell’evoluzione del karate. Una prima tappa viene identificata quando quest’arte marziale circoscritta all’isola di Okinawa (naha-te, shuri-te e tomari-te) dove si considerava lo Okinawa-te come un budo scaturito dalla grande confluenza di valori socio culturali che si svilupparono in quest’isola sotto l’influenza cinese con dei metodi di lotta basati sul kung fu.
A Okinawa lo Okinawa-te non aveva il carattere di massa che avrebbe acquistato in seguito, focalizzandosi esclusivamente sull’educazione scolastica. A quei tempi gli allenamenti erano basati sulla pratica dei kata. Shinkin Gima ci racconta il suo ingresso presso la scuola normale di Okinawa nel 1912: “Il mio maestro di karate alla scuola normale fu Ketsu Yabu. Ci insegnò karate partendo dall’unico kata naifanchi, lo praticai per cinque anni.”
Poi il karate uscì da Okinawa nel 1917 per entrare nell’isola principale del Giappone (Hondo). Da questo momento fino all’inizio della seconda guerra mondiale il karate viene influenzato dallo spirito militarista dell’epoca che facilità l’apertura alle masse. Questo inciderà anche sull’insegnamento delle strategie e degli stili. Gradualmente vengono cambiati i metodi di allenamento, basandoli non solo sui kata, ma ricercando anche altri modi presi da kendo e ju jitsu, per praticare in seguito il yakusoku kumite, il kihon kumite eccetera… Il conflitto bellico venne a troncare l’evoluzione che stava sperimentando il karate, che avrebbe avuto bisogno di un’unificazione sotto la guida di grandi maestri. Questo però non avvenne e ci si concentrò esclusivamente a portare il karate all’agonismo. A questo punto contribuì, come dice Nagamine, anche il crescente interesse che dopo la guerra manifestavano gli ufficiali nordamericani per gli sport da combattimento.
Siamo nel 1922 quando il maestro Gichin Funakoshi si stabilisce in Giappone dopo aver realizzato due dimostrazioni, la prima nel 1916 del Budokuden di Kyoto e dopo a Ochanomizu (Tokio) per il festival di educazione fisica, su invito del Maestro Jigoro Kano il 17 Maggio del 1921 al Kodokan. Nel 1924 si forma il primo club universitario nell’università di Keio. Nel 1936 viene inaugurato il primo dojo del maestro Funakoshi nel quartiere Mijuroko a Tokio, che in seguito venne chiamato Shotokan; parola composta da shoto, pseudonimo che il maestro aveva usato da giovane per firmare i poemi cinesi che scriveva. Questa parola in giapponese significa letteralmente “rumore che fa il vento quando passa tra le foglie del pino” e kan significa “casa, posto di riunione, eccetera…”.
Questo stesso anno, un’assemblea di maestri a Naha (Okinawa), conferma la denominazione dell’arte marziale come karate.
All’età di 68 anni il maestro Funakoshi fondò l’associazione Shotokai, il cui nome era formato da shoto pseudonimo del maestro che abbiamo spiegato prima, e kai che significa “gruppo, riunione, eccetera…”. In quella associazione erano iscritti i praticanti che si allenavano allo shotokan, i quali, prima della seconda guerra mondiale costituivano il novanta per cento del totale di karateka attivi in Giappone. A causa dell’età avanzata, ma soprattutto per il costante aumento dei praticanti, il maestro non era più in grado di seguire le lezioni e i diversi corsi. Decise così di affidarsi alla collaborazione del figlio Yishitaka e dei suoi allievi migliori, tra i quali Shigeru Egami, Hironishi, Hayashi e Hironori Otsuka. Quest’ultimo subì l’influenza del ju jitsu portando così la scuola giapponese verso la pratica del combattimento, sviluppando nel dojo del maestro Funakoshi diversi kusoku kumite o esercizi convenzionali di combattimento. Otsuka va avanti nell’elaborazione dell’allenamento del karate con spazi ed esercizi di combattimento libero, prendendo modelli sia dal kendo che dalla boxe. Finisce così col separarsi dal maestro Funakoshi nel 1940 che lo critica in modo molto esplicito dicendo: “Egli modificò l’essenza del karate inserendo troppi elementi di ju jitsu”. Fu allora che nacque lo stile wado ryu (camminando nella pace).
Nel dojo Shotokan oggi si continua a praticare un stile solido, senza basarsi sul kumite, modificando lo stile del maestro in uno nuovo, più sciolto, più elastico, più sacrificato, tendendo sempre alla ricerca del limite dell’azione, adottando posizioni basse, attacchi lunghi e con grande raggio d’azione. Questa evoluzione esigeva che ogni attacco, ogni difesa ed ogni posizione si prolungasse al massimo esasperandoli fino al limite, con lo scopo di accumulare la maggiore quantità di forza possibile, ma sempre senza uno scopo agonistico.
Dunque il kumite era scartato in partenza.
Il maestro Funakoshi approvava senza riserve le iniziative di suo figlio e perciò l’evoluzione dello stile pratico del dojo Shotokan non ha mai costituito un ostacolo per l’unità dei suoi maestri e praticanti, come racconta il maestro nel suo libro Karate do il mio cammino quando dice: “Anche se l’età non mi pesava, mi accorsi di non riuscire a seguire tutti i compiti che stavo accumulando. Non solo dovevo prendermi cura del dojo, ma in più le università di Tokio che formavano nuovi gruppi di karate, nei loro dipartimenti di educazione fisica, avevano bisogno di istruttori. Tutti questi impegni erano troppi per un uomo solo perciò designai gli allievi migliori per far loro insegnare nelle università al mio posto. Allo stesso tempo presi uno dei miei figli come assistente delegando a lui il compito di occuparsi del dojo mentre io facevo da semplice supervisore”.
Nel 1949 un allievo e amico del maestro Funakoshi, Isao Abata, fonda l’Associazione giapponese di karate (Kiokai) nominando il maestro Funakoshi suo capo istruttore. In quel momento il maestro deteneva la carica di direttore del dojo Shotokan e del gruppo Shotokai, oltre a quella onorifica di capo istruttore della Kiokai. Nonostante il maestro fosse ancora vivo cominciavano a nascere divergenze tra l’Associazione giapponese di karate (Kiokai) e il gruppo Shotokai, che si mantenevano latenti per rispetto al maestro.
Queste discrepanze riguardavano non solo le tecniche ma addirittura il modo di gestire l’arte marziale, perché l’Associazione giapponese di karate stava iniziando a codificare, nel 1950, le regole della competizione, cominciando già nel 1951, a praticare il kumite libero, pratica alla quale si opponeva il maestro, sostenitore dell’allenamento di kata e delle tecniche a coppia (yakusoku kumite, kijon kumite) ma mai del kumite libero.
Questa pratica del kumite libero alla Kiokai si introdusse con lo scopo di inculcare uno spirito agonistico in un futuro prossimo, come accadde pochi mesi dopo la morte del maestro Funakoshi. A mio parere, al momento della creazione dell’Associazione giapponese di karate (Kiokai), si produce quella che Henry Plee chiama “sindrome di gruppo” che si può definire come “il gruppo, l’associazione, eccetera… da sempre chiuso, che forma una serie di allievi, al cui interno si costituisce una gerarchia”. Henry Plee collega l’apparire di questi gruppi alla morte del maestro, ma questo già accadeva con il maestro ancora in vita, come sottolineato prima, in modo non manifesto.
Per rispetto nei confronti del maestro, la crisi non scoppia se non con la sua morte. La prova del rispetto verso Funakoshi sta proprio nell’avergli conferito il titolo di capo istruttore (anche se a carattere puramente simbolico) nonostante la Kiokai perseguisse degli interesse chiaramente diversi. Troviamo quindi da una parte il gruppo di praticanti appartenenti al gruppo Shotokai che si allenavano nel dojo Shotokan del maestro Funakoshi e dall’altra gli allievi appartenenti all’Associazione giapponese di karate che praticavano il sistema Kiokai, che privilegiava il kumite libero con lo scopo di arrivare all’agonismo.
Il 26 Aprile del 1957 morì il maestro Gichin Funakoshi all’età di 89 anni. Si ebbe la rottura definitiva quando l’associazione giapponese di karate annunciò che non sarebbe andata ai funerali se questi non fossero organizzati da essa. La dichiarazione dell’associazione giapponese di karate sorprese tutti. Era inaccettabile un tale comportamento se si consideravano soprattutto le parole del maestro Guiei, primogenito del defunto, che dichiarava: “Il funerale di mio padre sarà organizzato dalla scuola Shotokai perché egli non aveva nessuna carica all’infuori di quelle di direttore della palestra Shotokan e della scuola Shotokai. Dopo la distruzione della palestra dovuta a un incendio, è logico che sia la scuola a organizzare il funerale”.
In quel momento la Kiokai contava sull’appoggio delle università Keio, Takushoku e Hosei, mentre quelle di Chuo, Noko, Seijo, Gakushin e Senshu rimasero fedeli alla scuola Shotokai. L’università Waseda restò temporaneamente fuori dalla controversia. Infatti la Shotokai affidò il coordinamento dei funerali a Ohama, grande amico dello scomparso ma nel contempo direttore del dipartimento degli sport di un’università che parteggiava per la Kiokai. In questa complessa e tesa atmosfera si tenne una riunione alla quale parteciparono i principali rappresentanti delle due associazioni, la Kiokai fu all’inizio inflessibile “Se i funerali non verranno organizzati dalla Kiokai questo non ci andrà bene”. I rappresentanti di Takushoku, Keio e Hosei se ne erano andati portando con loro le bandiere dei loro club, depositate per la veglia. Sostennero di averne bisogno per una cerimonia universitaria il giorno dopo.
Dopo lunghe ore di discussione si decise che la partecipazione o meno ai funerali sarebbe dovuta essere una decisione personale. L’unico argomento sostenuto dalla Kiokai fu quello del fatto che il maestro Funakoshi oltre a essere il presidente della scuola Shotokai, aveva la carica di massimo tecnico della Kiokai. Alla fine accadde l’inevitabile: la morte del maestro rese possibile la divisione delle due scuole. Il maestro Hironishi ci spiegò tutto durante la discussione che avemmo a dicembre dello stesso anno con il maestro Nakayama e che egli ha riportato in un servizio.
Nakayama: “Ritorna come membro della Kiokai. Piantala con le arguzie e ritorna alla nostra scuola.”
Hironishi: “Prima di offrirmi di ritornare alla Kiokai devi andare dai Funakoshi e chiedere loro scusa. Come potrei tornare nella scuola che ha boicottato i funerali del maestro?”
Nakayama: “Può darsi che tu abbia ragione, non litighiamo, torna alla Kiokai e sostieni i tuoi argomenti.”
Hironishi: “Stai a sentire Nakayama: siamo tecnici di karate, abbiamo allenato insieme nel passato e condiviso momenti difficili, spero che tu mi capisca. Tu hai degli allievi e se qualcuno dovesse dire loro: ‘Appartenete alla scuola che ha boicottato i funerali del maestro!’ questo ti farebbe male vero? Vai dai Funakoshi e chiedi scusa. È una pura formalità ma bisogna farlo.”
Quella fu l’ultima volta che vide il maestro Nakayama. Lo stesso anno in cui morì il maestro Funakoshi si celebrarono i primi campionati giapponesi di karate. Il maestro fu sempre contrario a questo evento, come alla differenziazione della scuola come spiega nel suo libro Karate do il mio cammino scritto nel 1956, un anno prima della sua morte: “Non c’è posto nel karate contemporaneo per scuole diverse. So che alcuni istruttori si arrogano il diritto di considerarsi fondatori di “scuole”. Io stesso ho sentito parlare di scuole come la Shotokan, ma mi rifiuto di accettare questo tentativo di differenziazione.”
Da quel momento nacque la denominazione di Shotokan come quella scuola che si proclama detentrice delle tecniche praticate dal maestro Funakoshi e chiaramente legata alla pratica del ju kumite, e che introdusse il karate in campo agonistico.
Nello stesso tempo però si formò la scuola Shotokai che prese il nome dell’Associazione shotokai fondata dal maestro Funakoshi.
Questa scuola fu diretta dal maestro Shigeru Egami, istruttore dell’esercito giapponese e dei servizi segreti durante il conflitto e uno dei migliori tecnici del momento che mantiene i principi del maestro, contrario alla competizione.
In chiusura di questo servizio nel quale abbiamo presentato l’iter evolutivo del karate, l’unica certezza è l’uso improprio del nome Shotokan da parte di una scuola il cui nome sarebbe dovuto essere quello di “Kiokai”.
Oggi in Giappone non si usa mai la parola shotokan per definire uno stile, di fatto si parla sempre della “Nihon karate Kiokai”, mai di Shotokan.
Nonostante i suoi metodi di allenamento meritino rispetto come qualsiasi altro, la Kiokai non si potrà mai dichiarare erede del maestro Funakoshi solo per il fatto di portare lo stesso nome del dojo del maestro.
Mi rendo conto dopo diversi anni di pratica, che pochissime persone che praticano il Karate sanno che in realtà è uno stile completamente diverso da quello insegnato dal Maestro Funakoshi. Non voglio entrare nei dettagli della storia, ma attraverso una ricca documentazione sono riuscito a mettere insieme i passi fondamentali che hanno portato al cambiamento di alcune cose, sarebbe gran cosa se questo messaggio arrivasse il più lontano possibile per far si che tutti gli appassionati trovino la loro via da seguire.
Siamo nei primi del 1800 quando il Maestro Sokon Matsumura trasferisce il suo sapere marziale molto influenzato dalla pratica dei Samurai ad Anko Azato che poi ebbe Funakoshi come allievo. Pochi sanno che Azato era il secondo ad Okinawa per importanza di rango, di fatto egli non aveva nessuna necessità di insegnare per soldi, accettava così solo allievi privati. Azato era l’erede dello stile Matsumura-ryu che non riaffiorò più in alcuna scuola di Okinawa, per informazione però sappiamo che è uno stile con forti somiglianze Shaolin, possiamo tranquillamente dichiarare che Anko Azato è stato il maggiore “maestro in ombra” di quella generazione.
Il karate che venne in seguito però si basa su un altro principio. I tipi e le modalità delle tecniche secondo cui sono costruite nel Karate e in cui la bioenergia viene usata nel movimento si distinguono completamente da tutte quelle conosciute ad Okinawa. Andando più indietro nella storia scopriamo che Azato era un praticante di Jigen-ryu, questo difficilissimo stile che ancora oggi esiste in Giappone, è uno stile estremamente dinamico che evidenzia in modo molto estremo la lotta.
Nel 1922 Funakoshi si recò in Giappone, Okinawa a quel tempo era occupata dal 1600 dai Giapponesi e le arti marziali venivano praticate solo in gran segreto, la situazione del Giappone però portò il Karate verso una profonda crisi, infatti nel 1932 le parti militari esigevano di imparare quelle efficaci tecniche di difesa e attacco. Gli allievi erano in competizione fra loro e assaliti dalla gelosia cercavano di sbarazzarsi della concorrenza anche lanciando sfide, se a quel tempo l’esercito avesse dubitato dell’efficacia del Karate o se fosse giunto alla conclusione che esso era inutile per i militari il Karate non sarebbe sopravvissuto in Giappone.Tenendo conto delle tremende tensioni generate dalla pratica fra gli allievi, il maestro Funakoshi non volle insegnare in Giappone lo stile combattivo appreso da Azato, stile che sicuramente conosceva in modo approfondito, tuttavia per dovere verso il suo Maestro, Funakoshi trasmise anche il lato combattivo a suo figlio Yoshitaka, un uomo molto ambizioso.
Nel 1939 Yoshitaka insieme a Shigeru Egami e a Genshi Hironishi assunse la direzione delle esercitazioni e iniziò a trasferire via via sempre più elementi nello stile, a tal proposito il maestro Egami ricorda che molto spesso ci furono contrastanti opinioni tra padre e figlio. La scuola cominciò a sentire le pressioni militari che esigevano di apprendere anche il lato combattivo dello stile specialmente quello ravvicinato, Yoshitaka decise di mettere questo stile a disposizione dei militari e quindi di collaborare, egli insegnò in una scuola per agenti segreti, educò truppe speciali per il combattimento ravvicinato e persino piloti Kamikaze. Molto di quello che è accaduto in passato non sarebbe oggi realizzabile.
Ma il destino riservò a Yoshitaka una vita breve, morì in giovane età di tubercolosi.
Funakoshi nel frattempo avendo passato i sessanta anni si era praticamente ritirato dalla guida delle attività, Shigeru Egami e Genshin Hironishi i maestri più progrediti dello stile assunsero la direzione dello stile, essi insegnavano il Karate di Funakoshi con le influenze di Yoshitaka. In quel momento Masatoshi Nakayama cominciò a praticare nel 1932 restando solo quattro anni presso il Maestro Funakoshi, già nel 1937 si era trasferito in Cina, ma nel 1946 tornò in Giappone iniziando a pubblicizzare le sue idee di convertire il Karate in un semplice sport agonistico. Nel frattempo i Karateka rimasti avevano raggiunto un alto livello di Maestria, i maestri Shigeru Egami e Genshin Hironishi in accordo con Funakoshi avevano indubbiamente elevato il Karate, Nakayama dal canto suo non conosceva il Karate come veniva praticato e per questo venne assegnato come insegnante di supporto all’università di Takushoku dove Minoru Miyata operò perché Nakayama imparasse lo stile. I suoi sforzi di proporre il Karate come semplice sport agonistico rimasero così senza risultati.
Sebbene Nakayama sia della stessa generazione di Egami e di Hironishi a causa della sua assenza dal Karate non viene annoverato tra i maestri. Nakayama riuscì però in seguito a convincere alcuni maestri della validità del suo progetto, insieme a Hidetaka Nishiyama ed Isao Obata fondò nel 1949 la JKA (Japan Karate Association). L’obiettivo di questa organizzazione era redigere un regolamento per l’attività agonistica del Karate, e fondare un corso di istruzione nel quale i direttori tecnici fossero adeguatamente istruiti affinchè potessero diffondere questa sezione del Karate. Vi furono però delle difficoltà iniziali Obata si pentì praticamente subito della strada e tornò al Dojo dei Maestri mentre Nishiyama arrivò a dar vita ai corsi di istruzione per atleti selezionati. La famiglia di Nishiyama e anche lui stesso erano ben considerati dalla società, inoltre Nishiyama era considerato un valido Maestro. Grazie a tale considerazione molti Maestri accettarono di collaborare con lui. Un invito ufficiale fu recapitato a Funakoshi che si rifiutò di partecipare e di appoggiare la JKA. Il merito maggiore dell’istruzione all’interno della JKA va sicuramente a Nishiyama che viene ancora oggi riconosciuto come uno dei più validi istruttori del dopoguerra. Anche negli anni 50 si rivelò la persona più importante per la JKA, più tardi anche Nakayama divenne istruttore ma Nishiyama rimase LA autorità, alla fine però scelse di stabilirsi in America per evitare i conflitti con Nakayama. La JKA sviluppò graduatamente una posizione di supremazia, molti nomi famosi come Kanazawa, Enoeda, Shirai ed altri contribuirono a rendere ancora più famosa la JKA, il risultato fu che molti allievi volevano praticare il Karate in quel modo e i Dojo tradizionali furono posti sotto pressione e invitati ad aderire alla JKA. Il Karate agonistico cominciò a dominare la scena ed insorse la rivalità con i Maestri dello Shotokai gli unici a rimanere fedeli agli insegnamenti di Funakoshi. I progetti della JKA però erano tutt’altro che completati, la JKA offrì i loro campioni a pagamento come istruttori nelle università promettendo successo agonistico. Molte università si convinsero ad entrare nella JKA e ad usufruire così degli istruttori, in questo modo la JKA cominciò a dominare anche quasi tutte le università. Le due università di Tokyo, Waseda e Keiyo però mantennero la loro indipendenza poichè qui i direttori tecnici del tempo della vecchia scuola di Funakoshi, con il sostegno del vecchio Maestro, insegnavano un Karate non agonistico. Purtroppo rimasero così isolati e per paura di perdere degli allievi nel 1955 alle due università fu imposto a tutti gli studenti il divieto di allenarsi nei club della JKA. Questo fu il colpo di grazia per lo stile che dovette cedere il passo agli allievi della generazione più giovane che si allenavano nella JKA.
Nel 1955 Masatoshi Nakayama assunse la direzione generale della JKA e Masatomo Tagaki un suo compagno di studi ne divenne il manager, sebbene sia riconosciuto che il suo Karate fosse mediocre ebbe comunque la fiducia della JKA. Egli fece pubblicità alla associazione sulla stampa, alla televisione, ottenne degli sponsor e fu il terrore di chi non pagava puntualmente le quote.
I direttori della JKA volevano ancora di più, volevano affermare l’idea dell’agonismo anche a livello internazionale. Nel 1957 Takayuki Mikami fu mandato nelle Filippine come istruttore ufficiale della JKA e nel 1958 anche Hirokazu Kanazawa volò fino alle Hawaii per fondare la prima rappresentanza della JKA in territorio Americano. Nel 1960 avvenne un colpo di scena, Nakayama diffuse la voce di essere l’erede ufficiale di Funakoshi e i giovani maestri vennero spediti anche in Europa per diffondere il Karate agonistico. Ma con il passare del tempo molti Maestri di alto livello persero l’entusiasmo per questo genere di Karate e iniziarono a ricercare in proprio le radici del vero Karate Do. Da quando esistono le federazioni si identificano due linee di trasmissione del Karate Do, la linea esterna delle federazioni e la linea interna dei Maestri. Le federazioni conoscono il Kata solo come forma, la maggior parte dei praticanti garisti pratica il Kata senza tradizione risultandogli così del tutto incomprensibile. Questa forma viene comunque adoperata in gara in modo superficiale tralasciando il reale collegamento che esiste fra Kata e Kumite. Molte tecniche che si utilizzano nella forma sportiva sono esagerate ed inefficaci e non possono assolutamente essere usate in nessuna condizione di autodifesa. I Kiai e la recitazione di alcuni movimenti che si vedono sempre durante le gare mirano più ad impressionare il pubblico che ad una vera e propria tecnica di Karate Do. Scandalizza la teoria secondo la quale l’arte del Karate non avrebbe seguito senza il lato sportivo. Sappiamo per certo che dietro simili affermazioni si nascondono solo scopi estremamente agonistici. La vera essenza del Karate e tutt’altro che sportiva. Quando i Kata arrivarono in Giappone i Bunkai vennero cambiati, in seguito dopo la diffusione a livello mondiale del Karate gli aspetti interiori dei Kata furono trascurati e, essendo la sola tecnica formale inattendibile, si dovette cercare diverse interpretazioni. Le tecniche contenute nei Kata venivano insegnate senza una conoscenza e nella completa ignoranza. Il vero contenuto dei Kata venne trascurato insieme a tutti gli aspetti esoterici e la loro forma è stata orientata verso criteri di valutazione simili a quelli della normale ginnastica. In questo modo il Karate ha decisamente perso la sua qualità di arte di autodifesa ed acquistò, attraverso la gara competitiva, un contenuto
puramente sportivo. I praticanti nell’ambito di queste idee hanno cominciato a sviluppare delle proprie concezioni del Kata che non corrispondono più ai millenari insegnamenti degli stessi. Gli odierni esperti seguono l’infelice tendenza di voler migliorare l’antica arte marziale attraverso urla finte e tecniche inventate, mentre così facendo escludono del tutto la tradizione e le abitudini del loro spirito. Della tradizione conservano solo ciò che può servire ai loro scopi. In realtà valutano poco la tradizione e anzi la screditano mediante il loro comportamento. Perchè fanno tutto ciò? I cosiddetti “innovatori e campioni del mondo di Karate” tendono ad ignorare troppo spesso cosa ci sia stato prima di loro, e anzi sono orgogliosi delle loro nuove fondazioni e delle loro degenerate creazioni senza radici. Attraverso questa lettura molti scopriranno che la gara di Karate ha avuto origine in Giappone, ma non è mai stata praticata nei Dojo tradizionali. L’imposizione di tutte queste moderne concezioni della JKA portò alla rottura finale con il Maestro Funakoshi. Il maestro Nakayama in seguito dirà: “Quando andrò in cielo spero di non venir bastonato dal Maestro Funakoshi per aver inventato il Karate sportivo”. L’unico merito che possiamo dare a Nakayama è quello di aver fatto uscire il Karate dal Giappone, non sapremo mai se questo fosse stato possibile solo grazie alla competizione. In tarda età il Maestro Funakoshi dispiaciuto dalla piega sportiva intrapresa del Karate decise di pubblicare alcuni suoi scritti, avendo dedicato tutta la sua vita a ricercare una direzione migliore. Tuttavia come egli stesso dichiarò, temeva di non aver più influenza su questa tendenza di sminuire la pratica del Karate. Funakoshi sulla soglia dei 90 anni fu spinto da molti dei suoi allievi alla pubblicazione di questi scritti, questo lo spinse a lavorare per tre anni pensando che gli aspetti più profondi del Karate potevano andare definitivamente persi se non fossero stati in qualche modo fissati in maniera indelebile. Con la massima umiltà Funakoshi finì il suo ultimo libro: Karate Do Kyohan.
Questi fatti sono poco amati nell’ambito delle Federazioni e da chi gareggia nel Dojo: ecco perchè vengono ignorate e rifiutate dalla maggior parte degli allievi. Tuttavia io garantisco a tutti coloro che cercano qualcosa in più nella loro arte, che questo è possibile, anche se è reso difficile dagli interessi economici in gioco. Oggi ci sono pochissimi insegnanti che desiderano e possono insegnare “quel qualcosa in più” per chi è veramente interessato. Funakoshi elaborò con altri Maestri un sistema unitario per le sequenze dei Kata, al fine di garantire la stimolazione dei punti vitali e la rigenerazione della forza vitale e fisica attraverso l’armonizzazione delle attività. Purtroppo oggi la maggior parte dei praticanti cerca solo di perfezionare la forma esteriore del Kata, la qualità di un Kata oggi viene semplicemente giudicata secondo principi di sport da prestazione: più alto, più forte, più veloce ecc. Il valore di un Kata risiede solo tra Maestro e Allievo e non tra atleta e gara e arbitro. L’espressione nella forma esteriore corrisponde ad un divenire interiore e non può essere trattata isolatamente. La forma dei campioni del mondo può quindi essere priva di contenuto. Il vero Kata è qualcosa di
diverso dai Kata esercitati dai campioni del mondo.
A Okinawa lo Okinawa-te non aveva il carattere di massa che avrebbe acquistato in seguito, focalizzandosi esclusivamente sull’educazione scolastica. A quei tempi gli allenamenti erano basati sulla pratica dei kata. Shinkin Gima ci racconta il suo ingresso presso la scuola normale di Okinawa nel 1912: “Il mio maestro di karate alla scuola normale fu Ketsu Yabu. Ci insegnò karate partendo dall’unico kata naifanchi, lo praticai per cinque anni.”
Poi il karate uscì da Okinawa nel 1917 per entrare nell’isola principale del Giappone (Hondo). Da questo momento fino all’inizio della seconda guerra mondiale il karate viene influenzato dallo spirito militarista dell’epoca che facilità l’apertura alle masse. Questo inciderà anche sull’insegnamento delle strategie e degli stili. Gradualmente vengono cambiati i metodi di allenamento, basandoli non solo sui kata, ma ricercando anche altri modi presi da kendo e ju jitsu, per praticare in seguito il yakusoku kumite, il kihon kumite eccetera… Il conflitto bellico venne a troncare l’evoluzione che stava sperimentando il karate, che avrebbe avuto bisogno di un’unificazione sotto la guida di grandi maestri. Questo però non avvenne e ci si concentrò esclusivamente a portare il karate all’agonismo. A questo punto contribuì, come dice Nagamine, anche il crescente interesse che dopo la guerra manifestavano gli ufficiali nordamericani per gli sport da combattimento.
Siamo nel 1922 quando il maestro Gichin Funakoshi si stabilisce in Giappone dopo aver realizzato due dimostrazioni, la prima nel 1916 del Budokuden di Kyoto e dopo a Ochanomizu (Tokio) per il festival di educazione fisica, su invito del Maestro Jigoro Kano il 17 Maggio del 1921 al Kodokan. Nel 1924 si forma il primo club universitario nell’università di Keio. Nel 1936 viene inaugurato il primo dojo del maestro Funakoshi nel quartiere Mijuroko a Tokio, che in seguito venne chiamato Shotokan; parola composta da shoto, pseudonimo che il maestro aveva usato da giovane per firmare i poemi cinesi che scriveva. Questa parola in giapponese significa letteralmente “rumore che fa il vento quando passa tra le foglie del pino” e kan significa “casa, posto di riunione, eccetera…”.
Questo stesso anno, un’assemblea di maestri a Naha (Okinawa), conferma la denominazione dell’arte marziale come karate.
All’età di 68 anni il maestro Funakoshi fondò l’associazione Shotokai, il cui nome era formato da shoto pseudonimo del maestro che abbiamo spiegato prima, e kai che significa “gruppo, riunione, eccetera…”. In quella associazione erano iscritti i praticanti che si allenavano allo shotokan, i quali, prima della seconda guerra mondiale costituivano il novanta per cento del totale di karateka attivi in Giappone. A causa dell’età avanzata, ma soprattutto per il costante aumento dei praticanti, il maestro non era più in grado di seguire le lezioni e i diversi corsi. Decise così di affidarsi alla collaborazione del figlio Yishitaka e dei suoi allievi migliori, tra i quali Shigeru Egami, Hironishi, Hayashi e Hironori Otsuka. Quest’ultimo subì l’influenza del ju jitsu portando così la scuola giapponese verso la pratica del combattimento, sviluppando nel dojo del maestro Funakoshi diversi kusoku kumite o esercizi convenzionali di combattimento. Otsuka va avanti nell’elaborazione dell’allenamento del karate con spazi ed esercizi di combattimento libero, prendendo modelli sia dal kendo che dalla boxe. Finisce così col separarsi dal maestro Funakoshi nel 1940 che lo critica in modo molto esplicito dicendo: “Egli modificò l’essenza del karate inserendo troppi elementi di ju jitsu”. Fu allora che nacque lo stile wado ryu (camminando nella pace).
Nel dojo Shotokan oggi si continua a praticare un stile solido, senza basarsi sul kumite, modificando lo stile del maestro in uno nuovo, più sciolto, più elastico, più sacrificato, tendendo sempre alla ricerca del limite dell’azione, adottando posizioni basse, attacchi lunghi e con grande raggio d’azione. Questa evoluzione esigeva che ogni attacco, ogni difesa ed ogni posizione si prolungasse al massimo esasperandoli fino al limite, con lo scopo di accumulare la maggiore quantità di forza possibile, ma sempre senza uno scopo agonistico.
Dunque il kumite era scartato in partenza.
Il maestro Funakoshi approvava senza riserve le iniziative di suo figlio e perciò l’evoluzione dello stile pratico del dojo Shotokan non ha mai costituito un ostacolo per l’unità dei suoi maestri e praticanti, come racconta il maestro nel suo libro Karate do il mio cammino quando dice: “Anche se l’età non mi pesava, mi accorsi di non riuscire a seguire tutti i compiti che stavo accumulando. Non solo dovevo prendermi cura del dojo, ma in più le università di Tokio che formavano nuovi gruppi di karate, nei loro dipartimenti di educazione fisica, avevano bisogno di istruttori. Tutti questi impegni erano troppi per un uomo solo perciò designai gli allievi migliori per far loro insegnare nelle università al mio posto. Allo stesso tempo presi uno dei miei figli come assistente delegando a lui il compito di occuparsi del dojo mentre io facevo da semplice supervisore”.
Nel 1949 un allievo e amico del maestro Funakoshi, Isao Abata, fonda l’Associazione giapponese di karate (Kiokai) nominando il maestro Funakoshi suo capo istruttore. In quel momento il maestro deteneva la carica di direttore del dojo Shotokan e del gruppo Shotokai, oltre a quella onorifica di capo istruttore della Kiokai. Nonostante il maestro fosse ancora vivo cominciavano a nascere divergenze tra l’Associazione giapponese di karate (Kiokai) e il gruppo Shotokai, che si mantenevano latenti per rispetto al maestro.
Queste discrepanze riguardavano non solo le tecniche ma addirittura il modo di gestire l’arte marziale, perché l’Associazione giapponese di karate stava iniziando a codificare, nel 1950, le regole della competizione, cominciando già nel 1951, a praticare il kumite libero, pratica alla quale si opponeva il maestro, sostenitore dell’allenamento di kata e delle tecniche a coppia (yakusoku kumite, kijon kumite) ma mai del kumite libero.
Questa pratica del kumite libero alla Kiokai si introdusse con lo scopo di inculcare uno spirito agonistico in un futuro prossimo, come accadde pochi mesi dopo la morte del maestro Funakoshi. A mio parere, al momento della creazione dell’Associazione giapponese di karate (Kiokai), si produce quella che Henry Plee chiama “sindrome di gruppo” che si può definire come “il gruppo, l’associazione, eccetera… da sempre chiuso, che forma una serie di allievi, al cui interno si costituisce una gerarchia”. Henry Plee collega l’apparire di questi gruppi alla morte del maestro, ma questo già accadeva con il maestro ancora in vita, come sottolineato prima, in modo non manifesto.
Per rispetto nei confronti del maestro, la crisi non scoppia se non con la sua morte. La prova del rispetto verso Funakoshi sta proprio nell’avergli conferito il titolo di capo istruttore (anche se a carattere puramente simbolico) nonostante la Kiokai perseguisse degli interesse chiaramente diversi. Troviamo quindi da una parte il gruppo di praticanti appartenenti al gruppo Shotokai che si allenavano nel dojo Shotokan del maestro Funakoshi e dall’altra gli allievi appartenenti all’Associazione giapponese di karate che praticavano il sistema Kiokai, che privilegiava il kumite libero con lo scopo di arrivare all’agonismo.
Il 26 Aprile del 1957 morì il maestro Gichin Funakoshi all’età di 89 anni. Si ebbe la rottura definitiva quando l’associazione giapponese di karate annunciò che non sarebbe andata ai funerali se questi non fossero organizzati da essa. La dichiarazione dell’associazione giapponese di karate sorprese tutti. Era inaccettabile un tale comportamento se si consideravano soprattutto le parole del maestro Guiei, primogenito del defunto, che dichiarava: “Il funerale di mio padre sarà organizzato dalla scuola Shotokai perché egli non aveva nessuna carica all’infuori di quelle di direttore della palestra Shotokan e della scuola Shotokai. Dopo la distruzione della palestra dovuta a un incendio, è logico che sia la scuola a organizzare il funerale”.
In quel momento la Kiokai contava sull’appoggio delle università Keio, Takushoku e Hosei, mentre quelle di Chuo, Noko, Seijo, Gakushin e Senshu rimasero fedeli alla scuola Shotokai. L’università Waseda restò temporaneamente fuori dalla controversia. Infatti la Shotokai affidò il coordinamento dei funerali a Ohama, grande amico dello scomparso ma nel contempo direttore del dipartimento degli sport di un’università che parteggiava per la Kiokai. In questa complessa e tesa atmosfera si tenne una riunione alla quale parteciparono i principali rappresentanti delle due associazioni, la Kiokai fu all’inizio inflessibile “Se i funerali non verranno organizzati dalla Kiokai questo non ci andrà bene”. I rappresentanti di Takushoku, Keio e Hosei se ne erano andati portando con loro le bandiere dei loro club, depositate per la veglia. Sostennero di averne bisogno per una cerimonia universitaria il giorno dopo.
Dopo lunghe ore di discussione si decise che la partecipazione o meno ai funerali sarebbe dovuta essere una decisione personale. L’unico argomento sostenuto dalla Kiokai fu quello del fatto che il maestro Funakoshi oltre a essere il presidente della scuola Shotokai, aveva la carica di massimo tecnico della Kiokai. Alla fine accadde l’inevitabile: la morte del maestro rese possibile la divisione delle due scuole. Il maestro Hironishi ci spiegò tutto durante la discussione che avemmo a dicembre dello stesso anno con il maestro Nakayama e che egli ha riportato in un servizio.
Nakayama: “Ritorna come membro della Kiokai. Piantala con le arguzie e ritorna alla nostra scuola.”
Hironishi: “Prima di offrirmi di ritornare alla Kiokai devi andare dai Funakoshi e chiedere loro scusa. Come potrei tornare nella scuola che ha boicottato i funerali del maestro?”
Nakayama: “Può darsi che tu abbia ragione, non litighiamo, torna alla Kiokai e sostieni i tuoi argomenti.”
Hironishi: “Stai a sentire Nakayama: siamo tecnici di karate, abbiamo allenato insieme nel passato e condiviso momenti difficili, spero che tu mi capisca. Tu hai degli allievi e se qualcuno dovesse dire loro: ‘Appartenete alla scuola che ha boicottato i funerali del maestro!’ questo ti farebbe male vero? Vai dai Funakoshi e chiedi scusa. È una pura formalità ma bisogna farlo.”
Quella fu l’ultima volta che vide il maestro Nakayama. Lo stesso anno in cui morì il maestro Funakoshi si celebrarono i primi campionati giapponesi di karate. Il maestro fu sempre contrario a questo evento, come alla differenziazione della scuola come spiega nel suo libro Karate do il mio cammino scritto nel 1956, un anno prima della sua morte: “Non c’è posto nel karate contemporaneo per scuole diverse. So che alcuni istruttori si arrogano il diritto di considerarsi fondatori di “scuole”. Io stesso ho sentito parlare di scuole come la Shotokan, ma mi rifiuto di accettare questo tentativo di differenziazione.”
Da quel momento nacque la denominazione di Shotokan come quella scuola che si proclama detentrice delle tecniche praticate dal maestro Funakoshi e chiaramente legata alla pratica del ju kumite, e che introdusse il karate in campo agonistico.
Nello stesso tempo però si formò la scuola Shotokai che prese il nome dell’Associazione shotokai fondata dal maestro Funakoshi.
Questa scuola fu diretta dal maestro Shigeru Egami, istruttore dell’esercito giapponese e dei servizi segreti durante il conflitto e uno dei migliori tecnici del momento che mantiene i principi del maestro, contrario alla competizione.
In chiusura di questo servizio nel quale abbiamo presentato l’iter evolutivo del karate, l’unica certezza è l’uso improprio del nome Shotokan da parte di una scuola il cui nome sarebbe dovuto essere quello di “Kiokai”.
Oggi in Giappone non si usa mai la parola shotokan per definire uno stile, di fatto si parla sempre della “Nihon karate Kiokai”, mai di Shotokan.
Nonostante i suoi metodi di allenamento meritino rispetto come qualsiasi altro, la Kiokai non si potrà mai dichiarare erede del maestro Funakoshi solo per il fatto di portare lo stesso nome del dojo del maestro.
Mi rendo conto dopo diversi anni di pratica, che pochissime persone che praticano il Karate sanno che in realtà è uno stile completamente diverso da quello insegnato dal Maestro Funakoshi. Non voglio entrare nei dettagli della storia, ma attraverso una ricca documentazione sono riuscito a mettere insieme i passi fondamentali che hanno portato al cambiamento di alcune cose, sarebbe gran cosa se questo messaggio arrivasse il più lontano possibile per far si che tutti gli appassionati trovino la loro via da seguire.
Siamo nei primi del 1800 quando il Maestro Sokon Matsumura trasferisce il suo sapere marziale molto influenzato dalla pratica dei Samurai ad Anko Azato che poi ebbe Funakoshi come allievo. Pochi sanno che Azato era il secondo ad Okinawa per importanza di rango, di fatto egli non aveva nessuna necessità di insegnare per soldi, accettava così solo allievi privati. Azato era l’erede dello stile Matsumura-ryu che non riaffiorò più in alcuna scuola di Okinawa, per informazione però sappiamo che è uno stile con forti somiglianze Shaolin, possiamo tranquillamente dichiarare che Anko Azato è stato il maggiore “maestro in ombra” di quella generazione.
Il karate che venne in seguito però si basa su un altro principio. I tipi e le modalità delle tecniche secondo cui sono costruite nel Karate e in cui la bioenergia viene usata nel movimento si distinguono completamente da tutte quelle conosciute ad Okinawa. Andando più indietro nella storia scopriamo che Azato era un praticante di Jigen-ryu, questo difficilissimo stile che ancora oggi esiste in Giappone, è uno stile estremamente dinamico che evidenzia in modo molto estremo la lotta.
Nel 1922 Funakoshi si recò in Giappone, Okinawa a quel tempo era occupata dal 1600 dai Giapponesi e le arti marziali venivano praticate solo in gran segreto, la situazione del Giappone però portò il Karate verso una profonda crisi, infatti nel 1932 le parti militari esigevano di imparare quelle efficaci tecniche di difesa e attacco. Gli allievi erano in competizione fra loro e assaliti dalla gelosia cercavano di sbarazzarsi della concorrenza anche lanciando sfide, se a quel tempo l’esercito avesse dubitato dell’efficacia del Karate o se fosse giunto alla conclusione che esso era inutile per i militari il Karate non sarebbe sopravvissuto in Giappone.Tenendo conto delle tremende tensioni generate dalla pratica fra gli allievi, il maestro Funakoshi non volle insegnare in Giappone lo stile combattivo appreso da Azato, stile che sicuramente conosceva in modo approfondito, tuttavia per dovere verso il suo Maestro, Funakoshi trasmise anche il lato combattivo a suo figlio Yoshitaka, un uomo molto ambizioso.
Nel 1939 Yoshitaka insieme a Shigeru Egami e a Genshi Hironishi assunse la direzione delle esercitazioni e iniziò a trasferire via via sempre più elementi nello stile, a tal proposito il maestro Egami ricorda che molto spesso ci furono contrastanti opinioni tra padre e figlio. La scuola cominciò a sentire le pressioni militari che esigevano di apprendere anche il lato combattivo dello stile specialmente quello ravvicinato, Yoshitaka decise di mettere questo stile a disposizione dei militari e quindi di collaborare, egli insegnò in una scuola per agenti segreti, educò truppe speciali per il combattimento ravvicinato e persino piloti Kamikaze. Molto di quello che è accaduto in passato non sarebbe oggi realizzabile.
Ma il destino riservò a Yoshitaka una vita breve, morì in giovane età di tubercolosi.
Funakoshi nel frattempo avendo passato i sessanta anni si era praticamente ritirato dalla guida delle attività, Shigeru Egami e Genshin Hironishi i maestri più progrediti dello stile assunsero la direzione dello stile, essi insegnavano il Karate di Funakoshi con le influenze di Yoshitaka. In quel momento Masatoshi Nakayama cominciò a praticare nel 1932 restando solo quattro anni presso il Maestro Funakoshi, già nel 1937 si era trasferito in Cina, ma nel 1946 tornò in Giappone iniziando a pubblicizzare le sue idee di convertire il Karate in un semplice sport agonistico. Nel frattempo i Karateka rimasti avevano raggiunto un alto livello di Maestria, i maestri Shigeru Egami e Genshin Hironishi in accordo con Funakoshi avevano indubbiamente elevato il Karate, Nakayama dal canto suo non conosceva il Karate come veniva praticato e per questo venne assegnato come insegnante di supporto all’università di Takushoku dove Minoru Miyata operò perché Nakayama imparasse lo stile. I suoi sforzi di proporre il Karate come semplice sport agonistico rimasero così senza risultati.
Sebbene Nakayama sia della stessa generazione di Egami e di Hironishi a causa della sua assenza dal Karate non viene annoverato tra i maestri. Nakayama riuscì però in seguito a convincere alcuni maestri della validità del suo progetto, insieme a Hidetaka Nishiyama ed Isao Obata fondò nel 1949 la JKA (Japan Karate Association). L’obiettivo di questa organizzazione era redigere un regolamento per l’attività agonistica del Karate, e fondare un corso di istruzione nel quale i direttori tecnici fossero adeguatamente istruiti affinchè potessero diffondere questa sezione del Karate. Vi furono però delle difficoltà iniziali Obata si pentì praticamente subito della strada e tornò al Dojo dei Maestri mentre Nishiyama arrivò a dar vita ai corsi di istruzione per atleti selezionati. La famiglia di Nishiyama e anche lui stesso erano ben considerati dalla società, inoltre Nishiyama era considerato un valido Maestro. Grazie a tale considerazione molti Maestri accettarono di collaborare con lui. Un invito ufficiale fu recapitato a Funakoshi che si rifiutò di partecipare e di appoggiare la JKA. Il merito maggiore dell’istruzione all’interno della JKA va sicuramente a Nishiyama che viene ancora oggi riconosciuto come uno dei più validi istruttori del dopoguerra. Anche negli anni 50 si rivelò la persona più importante per la JKA, più tardi anche Nakayama divenne istruttore ma Nishiyama rimase LA autorità, alla fine però scelse di stabilirsi in America per evitare i conflitti con Nakayama. La JKA sviluppò graduatamente una posizione di supremazia, molti nomi famosi come Kanazawa, Enoeda, Shirai ed altri contribuirono a rendere ancora più famosa la JKA, il risultato fu che molti allievi volevano praticare il Karate in quel modo e i Dojo tradizionali furono posti sotto pressione e invitati ad aderire alla JKA. Il Karate agonistico cominciò a dominare la scena ed insorse la rivalità con i Maestri dello Shotokai gli unici a rimanere fedeli agli insegnamenti di Funakoshi. I progetti della JKA però erano tutt’altro che completati, la JKA offrì i loro campioni a pagamento come istruttori nelle università promettendo successo agonistico. Molte università si convinsero ad entrare nella JKA e ad usufruire così degli istruttori, in questo modo la JKA cominciò a dominare anche quasi tutte le università. Le due università di Tokyo, Waseda e Keiyo però mantennero la loro indipendenza poichè qui i direttori tecnici del tempo della vecchia scuola di Funakoshi, con il sostegno del vecchio Maestro, insegnavano un Karate non agonistico. Purtroppo rimasero così isolati e per paura di perdere degli allievi nel 1955 alle due università fu imposto a tutti gli studenti il divieto di allenarsi nei club della JKA. Questo fu il colpo di grazia per lo stile che dovette cedere il passo agli allievi della generazione più giovane che si allenavano nella JKA.
Nel 1955 Masatoshi Nakayama assunse la direzione generale della JKA e Masatomo Tagaki un suo compagno di studi ne divenne il manager, sebbene sia riconosciuto che il suo Karate fosse mediocre ebbe comunque la fiducia della JKA. Egli fece pubblicità alla associazione sulla stampa, alla televisione, ottenne degli sponsor e fu il terrore di chi non pagava puntualmente le quote.
I direttori della JKA volevano ancora di più, volevano affermare l’idea dell’agonismo anche a livello internazionale. Nel 1957 Takayuki Mikami fu mandato nelle Filippine come istruttore ufficiale della JKA e nel 1958 anche Hirokazu Kanazawa volò fino alle Hawaii per fondare la prima rappresentanza della JKA in territorio Americano. Nel 1960 avvenne un colpo di scena, Nakayama diffuse la voce di essere l’erede ufficiale di Funakoshi e i giovani maestri vennero spediti anche in Europa per diffondere il Karate agonistico. Ma con il passare del tempo molti Maestri di alto livello persero l’entusiasmo per questo genere di Karate e iniziarono a ricercare in proprio le radici del vero Karate Do. Da quando esistono le federazioni si identificano due linee di trasmissione del Karate Do, la linea esterna delle federazioni e la linea interna dei Maestri. Le federazioni conoscono il Kata solo come forma, la maggior parte dei praticanti garisti pratica il Kata senza tradizione risultandogli così del tutto incomprensibile. Questa forma viene comunque adoperata in gara in modo superficiale tralasciando il reale collegamento che esiste fra Kata e Kumite. Molte tecniche che si utilizzano nella forma sportiva sono esagerate ed inefficaci e non possono assolutamente essere usate in nessuna condizione di autodifesa. I Kiai e la recitazione di alcuni movimenti che si vedono sempre durante le gare mirano più ad impressionare il pubblico che ad una vera e propria tecnica di Karate Do. Scandalizza la teoria secondo la quale l’arte del Karate non avrebbe seguito senza il lato sportivo. Sappiamo per certo che dietro simili affermazioni si nascondono solo scopi estremamente agonistici. La vera essenza del Karate e tutt’altro che sportiva. Quando i Kata arrivarono in Giappone i Bunkai vennero cambiati, in seguito dopo la diffusione a livello mondiale del Karate gli aspetti interiori dei Kata furono trascurati e, essendo la sola tecnica formale inattendibile, si dovette cercare diverse interpretazioni. Le tecniche contenute nei Kata venivano insegnate senza una conoscenza e nella completa ignoranza. Il vero contenuto dei Kata venne trascurato insieme a tutti gli aspetti esoterici e la loro forma è stata orientata verso criteri di valutazione simili a quelli della normale ginnastica. In questo modo il Karate ha decisamente perso la sua qualità di arte di autodifesa ed acquistò, attraverso la gara competitiva, un contenuto
puramente sportivo. I praticanti nell’ambito di queste idee hanno cominciato a sviluppare delle proprie concezioni del Kata che non corrispondono più ai millenari insegnamenti degli stessi. Gli odierni esperti seguono l’infelice tendenza di voler migliorare l’antica arte marziale attraverso urla finte e tecniche inventate, mentre così facendo escludono del tutto la tradizione e le abitudini del loro spirito. Della tradizione conservano solo ciò che può servire ai loro scopi. In realtà valutano poco la tradizione e anzi la screditano mediante il loro comportamento. Perchè fanno tutto ciò? I cosiddetti “innovatori e campioni del mondo di Karate” tendono ad ignorare troppo spesso cosa ci sia stato prima di loro, e anzi sono orgogliosi delle loro nuove fondazioni e delle loro degenerate creazioni senza radici. Attraverso questa lettura molti scopriranno che la gara di Karate ha avuto origine in Giappone, ma non è mai stata praticata nei Dojo tradizionali. L’imposizione di tutte queste moderne concezioni della JKA portò alla rottura finale con il Maestro Funakoshi. Il maestro Nakayama in seguito dirà: “Quando andrò in cielo spero di non venir bastonato dal Maestro Funakoshi per aver inventato il Karate sportivo”. L’unico merito che possiamo dare a Nakayama è quello di aver fatto uscire il Karate dal Giappone, non sapremo mai se questo fosse stato possibile solo grazie alla competizione. In tarda età il Maestro Funakoshi dispiaciuto dalla piega sportiva intrapresa del Karate decise di pubblicare alcuni suoi scritti, avendo dedicato tutta la sua vita a ricercare una direzione migliore. Tuttavia come egli stesso dichiarò, temeva di non aver più influenza su questa tendenza di sminuire la pratica del Karate. Funakoshi sulla soglia dei 90 anni fu spinto da molti dei suoi allievi alla pubblicazione di questi scritti, questo lo spinse a lavorare per tre anni pensando che gli aspetti più profondi del Karate potevano andare definitivamente persi se non fossero stati in qualche modo fissati in maniera indelebile. Con la massima umiltà Funakoshi finì il suo ultimo libro: Karate Do Kyohan.
Questi fatti sono poco amati nell’ambito delle Federazioni e da chi gareggia nel Dojo: ecco perchè vengono ignorate e rifiutate dalla maggior parte degli allievi. Tuttavia io garantisco a tutti coloro che cercano qualcosa in più nella loro arte, che questo è possibile, anche se è reso difficile dagli interessi economici in gioco. Oggi ci sono pochissimi insegnanti che desiderano e possono insegnare “quel qualcosa in più” per chi è veramente interessato. Funakoshi elaborò con altri Maestri un sistema unitario per le sequenze dei Kata, al fine di garantire la stimolazione dei punti vitali e la rigenerazione della forza vitale e fisica attraverso l’armonizzazione delle attività. Purtroppo oggi la maggior parte dei praticanti cerca solo di perfezionare la forma esteriore del Kata, la qualità di un Kata oggi viene semplicemente giudicata secondo principi di sport da prestazione: più alto, più forte, più veloce ecc. Il valore di un Kata risiede solo tra Maestro e Allievo e non tra atleta e gara e arbitro. L’espressione nella forma esteriore corrisponde ad un divenire interiore e non può essere trattata isolatamente. La forma dei campioni del mondo può quindi essere priva di contenuto. Il vero Kata è qualcosa di
diverso dai Kata esercitati dai campioni del mondo.